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Lele Mora presenta il suo libro: "Tradito da Fede e Signorini"

Su Berlusconi: "Grande uomo, ma come capita ai re". E Corona: "Soffre di disturbo bipolare"

Dieci capitoli e 155 pagine per raccontare i suoi 407 giorni in carcere. Lele Mora ha presentato mercoledì, al Circolo della stampa di Milano, il suo libro dal titolo 'La mia verità''. Una sorta di instant book edito da Larus, scritto con l'aiuto del giornalista Matteo Menetti e con il contributo della figlia, Diana, che nella sua lettera-prefazione fa cenno al "prezzo altissimo" pagato dalla famiglia.

"Volavo troppo alto, con ali di cera - ha ricordato l'ex agente dei vip condannato per bancarotta - e sono caduto. Il mio errore è stato apparire e non capire l'amore dei miei figli".

Mora ha raccontato i suoi "giorni terribili", dall'arresto al tentativo di suicidio in cella. Ma nel carcere ci sono anche persone speciali, gli "angeli custodi" come Mora ha definito gli agenti della polizia penitenziaria del carcere di Opera, a cui verrà devoluta una parte del ricavato del libro.

Non sono mancate risposte sincere su persone che un tempo gli erano vicine. Berlusconi? "Non lo vedo dal 7 gennaio 2011, è un grande uomo, ma solo come capita ai re". Fabrizio Corona? "Ha fatto bene a costituirsi, ma è malato, soffre di disturbo bipolare, spero lo aiutino".

Le più grandi delusioni? "Alfonso Signorini ed Emilio Fede. Alfonso lo ritenevo uno dei miei cinque migliori amici, l'ho aiutato molto nella sua ascesa. Dopo l'arresto non mi ha scritto nemmeno una lettera. Fede invece è troppo attaccato al potere e al denaro. Se non gli avessi dato quei soldi, forse avrei evitato il fallimento".

L'incontro con la stampa è stato introdotto da Maurizio 'Mauro' Coruzzi, privo degli abiti di Platinette. "L'ho scelto come mio agente - ha ricordato - quando gli altri scappavano, dopo il primo scandalo 'Vallettopoli'. E così siamo diventati amici. Io sono il suo assistito, ma anche Lele ora è assistito, il suo manager è don Antonio Mazzi", ovvero il sacerdote a cui l'agente dei vip è stato affidato dopo la condanna.

"Mi sto specializzando nelle pecore perdute" ha confermato don Mazzi con un sorriso. "Io non l'ho beatificato, e poi Lele mi ha aiutato ancora poco. Ma sono testimone del cammino interiore che sta facendo".

Il giornalista Menetti ha parlato dello "stupore" provato scoprendo un Lele Mora "completamente diverso". Un tratto umano 'forte' sottolineato infine anche da un altro sacerdote, il cappellano del carcere di Opera don Antonio Loi (fonte: ansa).

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