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«Strehler fuori dal Piccolo? E' ormai un lavoro su basi di sabbia»

Intervista esclusiva di MilanoToday a Nicola Acunzo, eclettico interprete di "Astice al veleno" di Salemme al Manzoni. E Nicola, incassati i complimenti di Monicelli, si apre sul "suo" mondo

nicola-acunzo-85026_4Nicola Acunzio arriva in compagnia della sua ragazza, molto carina, che ci dice che è un bel po’ romanticone e ci parla della sua passione per la fotografia; le foto di backstage che aveva scattato durante le riprese del film di Monicelli “Le rose del deserto” sono state utilizzate e pubblicate dalla moglie di Mario Monicelli per il film “Le mosche del deserto”.

Questo è Nicola Acunzo, noto attore “tragicomico” che si divide tra cinema e tv. E’ stato interprete di “La squadra”, “Elisa di Rivombrosa” e, per il grande schermo, l'attore è stato il "Caporale Bellezza" del maestro Mario Monicelli - appunto - nel suo recente “Le rose del deserto”, “Vallanzasca - Gli angeli del male” di Michele Placido e ha preso parte al secondo capitolo di Manuale d'Amore, di Giovanni Veronesi.

E’ in questi giorni in scena al teatro Manzoni con L'astice al veleno di Vincenzo Salemme, dopo aver già interpretato Attilio in Bello di papà, sempre per la regia di Salemme. Ha inoltre interpretato diverse opere di Pirandello - L'uomo dal fiore in bocca, per la regia di Michele Placido e Rondone e Rondinella, diretto da L. De Carmine - quindi nell'Anfitrione di Plauto, Il tartufo di Molière, Uno sguardo dal ponte di Arthur Miller e la splendida Questi fantasmi di Eduardo De Filippo. MilanoToday l'ha intervistato in esclusiva. Ecco che cosa è nato da una - gustosa - chiacchierata.

Nicola sei stato sottoposto a moltissime interviste e si è parlato tanto della tua collaborazione con i registi più famosi del calibro di Monticelli e Michele Placido, ma qual è la questione riguardante il mondo del teatro, di cui hai parlato meno che ti piacerebbe approfondire perché passa in secondo piano  causa “tempistiche” e “politiche” cui devono sottostate le maggiori testate?

Una questione calda a mio avviso e con questo non vorrei far polemica, è che ci sono delle difficoltà relative alla figura degli autori. Nel cinema, come anche nel teatro,  è come se gli autori avessero le mani legate. Ci troviamo in una situazione in cui esiste un gap tra la figura dell’autore e quella dello spettatore, tra il punto di partenza e il destinatore finale dell’opera. Ci sono casi in cui i produttori,  non hanno una “cultura” sufficiente del “fare spettacolo”, una certa sensibilità. Si preferisce puntare a opere commerciale a scapito della qualità. Il produttore non è quello che tira fuori i soldi come si pensa. Ecco, ai giorni nostri manca un “Lorenzo il Magnifico”. Tra le varie cose che fa, perché io spero che un produttore che si cimenti in arte faccia anche altre cose visto che il teatro ha anche un compito civile, secondo me un produttore dovrebbe fare le proprie scelte non sulla base economica e fare opere commerciale. Ad esempio qui a Milano hanno tolto Strehler dalla programmazione del Piccolo, questo è uno dei segni evidenti che il nostro è un lavoro che poggia le basi su fondamenta di sabbia

Cosa manca al teatro di oggi?

L’handicap del teatro di oggi è essere eccessivamente “teatrale”, un teatro di “battuta”. Salemme è un bravissimo scrittore, è normale che si parta da una “battuta” di livello. Ciò che manca però in molti casi è l’energia, quella che circola fra gli attori, ma anche tra gli attori e gli spettatori. Altrimenti la rappresentazione risulta falsa e non credibile. Non a caso lo spettacolo sta andando molto bene, ma oggi Vincenzo (Salemme), ci ha convocato un paio d’ore prime per provare ancora

Quando hai detto ai tuoi “voglio fare l’attore”, come hanno reagito?

Mia madre contentissima, mio padre con “ma addo' t'avvii?”, ovvero “dove vai?”, non conosci nessuno come farai a sfondare in quel mondo lì? Perché in effetti io facevo teatro anche professionalmente, ma solo al sud, quando finiva la tournè, finiva lì. Poi in me c’era questo desiderio  e sono andata via da Battipaglia e dopo pochi mesi ho iniziato la prima collaborazione

Quindi cosa consiglieresti a chi vuole intraprendere la tua professione e magari non è neanche figlio d’arte?

Bisogna crederci, dare voce a questa passione che nasce dentro di te. Se è una “necessità” , una voce che grida dentro di te, occorre iniziare a poco a poco e soprattutto, saper mettersi in gioco e iniziare con le piccole collaborazioni. Io ho iniziato con piccole collaborazioni che sono diventate sempre più assidue

E nella vita quanto reciti?

Sono sempre me stesso, anche in scena. Però a mia madre ogni tanto faccio qualche scherzo è quella che mi conosce di più, ma ci casca. Quando ho iniziato con la compagnia di Battipaglia, il mio paese d’origine, a volte capitava che per allestire la scena dello spettacolo portassi da casa un oggetto senza che mia madre se ne accorgesse: una volta una sedia, una coperta, una volta un quadro… finché un giorno accadde che venne a mancare un vicino di casa, un amico di famiglia e  mia madre, come è usanza, mentre era in visita da loro, invitò la famiglia a pranzo da noi dicendo che avrebbero cucinato qualcosa insieme. Li condusse a casa nostra e quando entrarono non trovarono né il tavolo né le sedie perché io li avevo portati in teatro per utilizzarli per una scena!

Hai creato tutti i tuoi personaggi completamente da zero o ce n’è uno in cui c’è più di Nicola?

Forse quello di Monicelli, uno dei complimenti piu belli mi è venuto proprio da Mario. Infatti quando Veronesi venne a fare le interviste per il backstage e mi chiese come avessi preparato il personaggio e io gli risposi “Che in realtà ero me stesso”, venni redarguito da Placido per questa risposta. Ma il Maestro, lì presente sentenziò sottolineando che dopo quattro provini, mi ha scelto per come sono. Un’altra cosa che ho imparato da Monicelli è che le cose a volte diventano difficili perché sono troppo semplici e anche sul set si vede piu sei vero e piu è cinema

Lavorare con Monicelli dev’essere stata un’esperienza catartica come attore, al pari dell’esperienza catartica che ha lo spettatore che assiste allo spettacolo, no?

Avere il plauso di Monicelli è stata per me la prova del nove, la conferma di potercela fare, tant’è che Placido, con cui ho lavorato in due film, ogni volta che mi propone una collaborazione e sono titubante, mi ricorda sempre che ho avuto il plauso di Monicelli: "Sei un personaggio che funziona sempre"

Ma a proposito di personaggi nell’Astice al veleno interpreti un muniacello proveniente dal regno delle due Sicilie, figura mitologica appartenente all’iconografia napoletana che però parla con accento calabrese, un mix di "sud" insomma! Le tue origini aiutano, no?

Sì il percorso personale aiuta, essere figlio di nessuno, venire da una provincia è stato stimolante. Probabilmente se fossi nato in una grande città, avuto già tutto alla portata non avrei avuto la spinta






 

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