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Pino Musi presenta il libro _08:08 Operating theatre

Pino Musi _08:08 Operating Theatre

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di MilanoToday

Pino Musi presenta il libro _08:08 Operating Theatre
serata aperta e gratuita, giovedì 3 dalle ore 19.00

copertina rigida 33,8 x 42,6 cm
Book Design: Antonello Scotti
400 copie numerate e firmate dall'autore
Stampato su Paper Galaxi Supermat 200 g/sm
e Fedrigoni Materica 120 g/sm
costo: 60€ - prenota la tua copia inviando una mail a ordini@micamera.com

CORPO vs CORPO - MACCHINA vs MACCHINA
Appunti per "_08:08 Operating Theatre"

"Il termine latino apparatus deriva dal verbo apparare, che significa "preparare". In latino esiste inoltre il verbo praeparare, che significa allo stesso modo "preparare".
Se vogliamo cogliere la differenza fra i prefissi ad e prae, potremmo forse tradurre apparare con "approntare". L'"apparecchio", di conseguenza, sarebbe un che di pronto che aspetta in agguato qualcosa, e il "preparato" un che di pronto che attende pazientemente qualcosa."
Vilém Flusser "Per una filosofia della fotografia". Bruno Mondadori. pag. 22. 2006.

Ho "approntato" 7 immagini realizzate in 3 sale operatorie del sud Italia.
Il metodo di ripresa, come in quasi tutti i miei lavori, si è basato su una rigorosa progettualità: gli scatti sono stati effettuati con una camera di grande formato, posta su cavalletto, esattamente 5 minuti dopo il termine degli interventi chirurgici e l'uscita del paziente, e 10 minuti prima che gli infermieri rimettessero in ordine la sala per l'intervento successivo.
La possibilità, in quel lasso di tempo, era, quindi, di una sola inquadratura.
Tutto è cominciato alle 08:08 del 21 marzo per terminare alle 09:00 del 27 marzo 2009.
Ho atteso anche interventi lunghi fino a 8 ore.
Cosa ci aspettavamo di trovare alla fine di ogni intervento, io e l'"apparecchio", con cui mi sarei dovuto situare all'interno della stanza, senza toccare nulla di quello che avevo intorno? Dovevo operare scelte decisive di tempo e spazio.
Operare un "corpo a corpo", simultaneo, tra il fotografo-macchina e gli elementi di un luogo assimilabile ad un campo di battaglia: dovevo, con la velocità, la determinazione e la precisione, intercettare quel 'residuale' del "corpo a corpo" fra chirurgo e paziente. Una "messa in luce" del tempo sospeso della speranza, questa, anche, la direzione. Il risultato da perseguire: un'immagine, "svuotata" del corpo umano, dove l'accadimento sviluppatosi in un tempo appena precedente il mio ingresso nella scena lasciava una traccia tangibile di sè senza forzatamente determinare una qualche progressione successiva. La scelta del bianconero avrebbe permesso di evitare ogni riconoscibilità immediata degli elementi di più facile spettacolarità (sangue, tracce del combattimento), evitando sottolineature che avrebbero dato un altro senso al lavoro. Ma le 7 immagini, peraltro già esposte e acquisite da fondazioni prestigiose, volevo fossero parte di un libro, che resta per me lo spazio più compatibile al mio lavoro.
Non volevo, però, farne un "photobook". Nei libri di fotografia, anche in quelli più complessi e articolati, la struttura del racconto è sempre portante anche se viene spesso frazionata, smontata, risolta in rimandi complessi.
"_08:08 Operating Theatre" invece è un appunto, composto da variazioni estatiche, di 7 immagini (come i 7 giorni della nostra settimana). Con Antonello Scotti, che ha curato il disegno del libro, abbiamo deciso di prenderci la responsabilità di accettare questa sospensione, questo atto non definitivo di un ragionamento e quindi non trattare questo oggetto di pensiero come un qualsiasi altro soggetto. Il libro lo abbiamo determinato come una "stanza del pensiero".
Abbiamo quindi costruito il percorso con pause testuali che permettessero un continuo entrare e uscire dalle immagini e obbligassero il fruitore del libro a concentrare lo sguardo sulla frammistione tra organico ed inorganico (quale l'uno e quale l'altro?), ad indagare l'interno della macchina scenica, a riconoscere le tracce del corpo a corpo lasciate sul campo di battaglia.
Ma le pause testuali avrebbero dovuto essere pregnanti al "caos ordinato" delle immagini, agli ossimori contenuti in esse. Ed allora abbiamo assimilato al progetto un autore di teatro a me carissimo: Antonin Artaud che dell' "inorganicità", della interlocuzione con la disperazione dell'uomo di essere vulnerabile, aveva fatto i cardini della sua poetica.
- Pino Musi

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