Sabato 8 aprile incontro con Monica Dogliani coautrice de la Contabilità del diavolo
Sabato 8 aprile 2017 ore 16:30 Città di Arese - Biblioteca Comunale via Monviso, 7 Incontro con Monica Dogliani coautrice de La contabilità del diavolo - di Monica Dogliani e Andrea Ronchetti Il libro racconta degli ultimi mesi di funzionamento del campo di Auschwitz-Birkenau, durante la Seconda guerra mondiale. Tempo e luogo dell'azione: estate 1944 Auschwitz-Birkenau- 27 gennaio 1955 Europa/Argentina/Auschwitz. SINOSSI: Le strade del Lager, con la loro polvere di morte, intrecciano le esistenze di uomini e donne anche negli anni successivi alla fine della guerra. Alcuni di loro ragionano sulla propria vendetta. Nathan, Kora, Inge, Edith e Franz possono solo mercanteggiare con il destino per non perdere la ragione. Anche quando Birkenau non è più un luogo in cui l'omicidio è giustificato, riesce a insinuare la sua lugubre ombra nel cuore di chi è sopravvissuto. Tutti loro imparano che il demonio non può vincere sempre, allora la vendetta più sublime diventa la riconquista della vita riconoscendo il passato senza nasconderlo, aiutando l'organizzazione che studia la via di fuga dei nazisti verso Stati compiacenti. E la caccia diventa l'arte migliore per stanare, punire e rinascere. Abbiamo l'occasione di rivolgere alcune domande a Monica Dogliani. -Cosa vi ha spinti a scrivere un romanzo storico ambientato in un periodo colmo di dolore della storia contemporanea? Avevamo una passione per la storia che si è concretizzata senza rifletterci troppo su. La scrittura per me, come lo fu per Andrea fino agli ultimi giorni, è soprattutto anima e libertà. La Seconda guerra mondiale non è solo "dolore". Abbiamo l'abitudine di immagazzinare date e disgrazie. Anche se siamo rimasti aderenti alla cronologia del Lager con tutte le sue deformità umane e sociali, abbiamo comunque lasciato largo spazio alla speranza e alla rinascita, dove quel dolore diventa il carburante per la determinazione e la progettualità. Ricordare il passato è sempre utile. Ci rammenta chi siamo e che la violenza fa parte della biologia umana, in qualsiasi epoca. Basta cambiare il nome del destinatario della persecuzione e il passato diventa presente. -A chi viene proposto questo romanzo e perché? È una storia destinata a tutte le persone che amano emozionarsi, ma sicuramente non è adatto ai bambini. Quindi penso al lettore che abbia un'età dall'adolescenza in su, ecco perché sto intervenendo nelle scuole superiori. È importante aiutare i giovani a coltivare una coscienza storica informandoli, senza privarli però del momento di riflessione, quello spazio intimo in cui ci si può identificare non solo con la vittima ma eventualmente anche con il carnefice. I ragazzi sono recettivi, con una grande capacità critica se li si abitua al confronto.