"Stations" mostra fotografica del collettivo internazionale Progressive-street
Stazioni... e stazioni... e stazioni
Come le corti medievali: si fronteggiano un duca e un buffone, delle dame semplicemente sedute in attesa (di che cosa?).
E dietro loro un capitano delle guardie che sorveglia.
E come le architetture di Antonio Sant'Elia, torri e cupole del nuovo Futurismo di vetro.
O come si riversa sul London Bridge di T. S. Eliot, la folla di cui Dante diceva “sì lunga tratta, che non avrei creduto che morte tanta n'avesse disfatta”.
Le stazioni sono ormai nel tempo, tutto il tempo e oltre, l'hanno ereditato e lo prefigurano.
Le stazioni anche immaginano, su quel treno, c'è da bisbigliare, quale romanzo sudamericano o indiano avverrà? Convoglio uguale al treno sull'acqua di Paul Delvaux (sensazioni, illuminazioni, visive, ormai sonore percussioni).
Diciannove fotografi per questi epicentri, crocicchi, snodi, fissati in ogni dove, nel mondo geografico e fisico: i gesti, prima di tutto, le siluette, le posture. E i volti epigrammatici (se Orazio, il più semplice dei poeti latini, li incrociasse, cosa ne direbbe?)
Stazioni come immensi padiglioni della fiera delle vanità (vanitas vanitatum) che si dice vita: di nuovo, chi sono, dove vanno, cosa stanno pensando, e cosa sognano, quelle figure quasi addormentate?
Stazioni come navicelle entro spazi psichici, il movimento che le fotografie congelano, non è fermo, è solo un secondo del continuum che è spazio-temporale.
E penso con orgoglio anche alle stazioncine in bianco e nero del nostro Neorealismo, compagnie di comici affamati salivano in treno e andavano, andavano... ancora, dove? La domanda che vi siete fatti, o autori di questa impressionante mostra, non è questa? ... tale e quale al vostro fotogramma che ci custodisce per sempre... per memoria, affetto, consonanza.
E suprema nostalgia.
Roberto Agostini
https://www.progressive-street.com/