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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Camici, la donazione non è stata mai autorizzata: non bastava un'email, ci voleva il notaio

Mentre la guardia di finanza sequestra i rimanenti 25 mila capi, si scopre che Aria (Regione Lombardia) non ha mai autorizzato la donazione per mancanza di requisiti essenziali

Non si sarebbe mai concretizzata la "donazione" di 50 mila camici dalla Dama Spa alla Regione Lombardia comunicata il 20 maggio via email dall'amministratore e proprietario dell'azienda, Andrea Dini, cognato del governatore Attilio Fontana. L'ufficio legale di Aria (la centrale acquisti regionale) avrebbe infatti opposto la necessità dell'atto pubblico come da codice civile per donazioni di valore ingente.

La donazione deve essere fatta per atto pubblico, sotto pena di nullità. Se ha per oggetto cose mobili, essa non è valida che per quelle specificate con indicazione del loro valore nell'atto medesimo della donazione, ovvero in una nota a parte sottoscritta dal donante, dal donatario e dal notaio. (Codice Civile, art. 782 c. 1)

Nei fatti, quindi, sarebbe ancora in essere tra Dama e Regione un contratto di fornitura dei camici a titolo oneroso. La questione è nelle mani della guardia di finanza perché, come si sa, Fontana è indagato per frode in pubbliche forniture in merito a un altro particolare aspetto della vicenda, ovvero il tentato bonifico da 250 mila euro da un suo conto svizzero personale al cognato.

Come per tutte le donazioni di non modico valore, il codice civile prescrive la forma dell'atto pubblico (ovvero un notaio) e la presenza di due testimoni. Dini, invece, avrebbe cercato semplicemente di "risolvere la questione" con una email. La "consecutio temporum" degli avvenimenti vuole che tra il 10 e il 12 maggio Fontana sia stato informato che, tra le aziende che avrebbero fornito camici alla Regione, vi fosse anche quella del cognato (e, per il 10% delle quote, della moglie). 

L'intervento di Fontana per convincere il cognato

Il governatore è quindi intervenuto presso il cognato per convincerlo a trasformare la cessione onerosa in donazionee, per evitare possibili polemiche. Questa è la spiegazione fornita da Fontana in consiglio regionale durante un lungo intervento, lunedì 27 luglio. In precedenza, Dini aveva spiegato di essersi accorto, "al rientro in azienda" a maggio, che per errore la fornitura era stata a titolo oneroso e, il 22 maggio, aveva stornato le fatture, dopo avere appunto inviato l'email ad Aria il 20 maggio.

Il giorno prima, cioè il 19 maggio, Fontana aveva cercato di fare partire un bonifico da 250 mila euro in favore della Dama, ma la fiduciaria che si era occupata di questo aveva bloccato l'operazione in base alla normativa antiriciclaggio: mancava un giustificativo e inoltre l'ordinante - Fontana - aveva un ruolo "sensibile", essendo il presidente di una Regione.

E mentre la guardia di finanza ha sequestrato i restanti 25 mila camici (la fornitura onerosa era inizialmente di 75 mila, poi Dini ha convertito 50 mila camici in donazione cercando senza successo di rivendere i restanti ad altri soggetti), si apre un fronte relativo alla sussistenza della donazione stessa.

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