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Genitori single da poco in Lombardia: niente contributo per far fare sport ai figli

Bocciato l'emendamento che chiedeva di togliere il vincolo dei cinque anni per le famiglie con un solo genitore per accedere alla dote sport

Un operatore sanitario che si sposta da un’altra regione. Un’insegnante che viene assegnata a una scuola lombarda. Personale delle forze dell’ordine che viene trasferito spesso e rapidamente. Ferrotranvieri appena assunti. Una mamma o un papà stranieri che sono arrivati con i loro bambini di recente. E' l'ampia (e non esaustiva) casistica di genitori single, che risiedono in Lombardia da meno di cinque anni, che non potranno accedere alla dote sport di Regione Lombardia, con la quale si vogliono aiutare i nuclei in condizioni economiche meno favorevoli ad avvicinare i propri figli (dai 6 ai 17 anni) alla pratica sportiva.

Un emendamento per includere anche loro è stato bocciato in commissione sport, mercoledì 10 novembre. Era stato proposto da Paola Bocci (pd), secondo cui "la maggioranza di centrodestra che governa Regione Lombardia, in primis l’assessore al bilancio che si è fatto portavoce della giunta, ha bocciato qualsiasi apertura alle famiglie monogenitoriali, alle mamme e papà single che non risiedono in Lombardia da almeno cinque anni e che però hanno figli che potrebbero benissimo utilizzare il contributo per fare sport".

In questo modo, continua Bocci, "vengono 'punite' le situazioni famigliari che probabilmente hanno più bisogno di questo sostegno". Per le famiglie con due genitori, è sufficiente che uno di loro sia residente in Lombardia da cinque anni. Per quelle monogenitoriali l'emendamento prevedeva di eliminare il vincolo della residenza, ma non è stato accettato dai consiglieri di commissione.

"Anche con le recenti Olimpiadi, abbiamo visto che i talenti emergono trasversalmente", il commento di Bocci: "Dobbiamo perciò puntare sull’incoraggiamento allo sport che deve essere per tutti, soprattutto per chi ha meno possibilità economiche. E deve avvenire senza discriminazioni legate alla natura della famiglia, monogenitoriale o bigenitoriale, né alle origini dei genitori del minore". 

"Non si tratta - prosegue Bocci - solo di dare una mano ai tanti ragazzi di origine straniera che, per altro, si stanno distinguendo anche nelle discipline sportive: ci sono ragazzi minorenni che si spostano da altre regioni, per seguire il genitore che magari si muove per lavoro. Perché dovrebbe essere precluso loro di avere un sostegno economico per partecipare alle attività sportive?".

440 mila nuclei monogenitoriali

Complessivamente, in base ai dati Istat 2020, in Lombardia si contano circa 440 mila nuclei monogenitoriali. Un fenomeno fortemente femminilizzato: le madri sole risultano circa 354 mila. "Tra queste persone vi sono evidentemente anche coloro che sono solo domiciliate, oppure sono residenti, ma non dal tempo richiesto dal bando. Ebbene, i loro figli non saranno aiutati in alcun modo, sul fronte dello sport, pur vivendo in Lombardia, pur essendo uguali agli altri coetanei che frequentano a scuola e nel tempo libero. E a pagare lo scotto saranno i bambini e, ancora una volta, le donne", conclude Bocci.

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