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Province e città metropolitane, è ora di tornare al voto dei cittadini

La legge elettorale 'indiretta' allontana i cittadini da questi enti. Il caso Pavia: sindaco forse ricattato dal suo partito, la magistratura indaga

Il 18 e 19 dicembre è il weekend in cui in Lombardia si vota per eleggere gli organi delle province e della città metropolitana di Milano (per questa si vota il 19). Ma si tratta di un'elezione di cui i cittadini quasi non si accorgono, perché è indiretta: a votare ed essere votati sono infatti i sindaci e i consiglieri comunali del territorio. Soltanto loro. E' così dal 2014 e lo prevede la Legge Delrio, spesso criticata ma mai modificata. La differenza più grande tra le città metropolitane e le province è che, a capo delle prime, c'è il sindaco del capoluogo, in automatico, mentre, a capo delle seconde, si sceglie ancora il presidente, che non può essere il sindaco del capoluogo. Una differenza che la Corte Costituzionale ha da poco contestato come probabilmente incostituzionale. 

Con la riforma, abbiamo dunque enti che non sono più a diretto controllo dei cittadini e con competenze svuotate. La città metropolitana di Milano, per esempio, si occupa essenzialmente di pianificazione territoriale, mobilità e trasporti, edilizia scolastica e coordinamento dei bandi per assegnare i servizi pubblici da parte dei comuni. Temi di per sé importanti ma sui quali è complicato ritagliarsi uno spazio tra l'incudine della regione e il martello dei municipi, che, sui trasporti e l'urbanistica, mantengono ruoli rilevanti.

Lasciare alla politica tutti i giochi. Il caso Pavia

Lasciare totalmente al mondo politico (agli amministratori locali) il controllo elettivo (attivo e passivo) dell'ente provinciale o metropolitano produce talvolta cortocircuiti tipici del 'teatrino della politica', elevati alla massima potenza. Emblematico ciò che è avvenuto a Pavia per questa tornata elettorale provinciale: si sfidavano soltanto due candidati presidenti entrambi della Lega, uno voluto dai vertici del partito (e appoggiato da Fi e Fdi) ed uno espressione di un gruppo 'ribelle', con reciproche accuse al vetriolo ed espulsioni comminate ai dissidenti. 

Nelle ultime settimane ha fatto scalpore un post su Facebook del sindaco di Pavia Fabrizio Fracassi (anche lui leghista) che sembrava non gradire 'l'invito' del partito a sostenere pubblicamente il candidato ufficiale. Nel post, il primo cittadino pavese ha fatto intendere di aver ricevuto la minaccia che i consiglieri leghisti gli avrebbero fatto mancare il numero legale sul bilancio, se non si fosse pronunciato in sostegno del candidato ufficiale.

Sindaco di Pavia ricattato dal suo partito?

Qualcuno penserà che si tratta di normale dialettica interna, ma la magistratura pavese pensa che questo sia stato un ricatto e ha aperto un fascicolo per 'traffico d'influenze illecite' e ha chiamato Fracassi e altri amministratori a comparire. Sempre a Pavia, dall'altra parte della barricata il centrosinistra non è riuscito a presentare un suo candidato presidente perché si è andati in cortocircuito anche lì. Il Pd locale ha infatti preferito tentare la 'maggioranza Draghi' e presentare un candidato unitario con Lega e Forza Italia, trovando la strada sbarrata e ripiegando in extremis su un suo sindaco dell'hinterland pavese che però non ha raccolto il numero di firme necessario. 

Se fossero stati chiamati al voto direttamente gli elettori, nessuno dei partiti avrebbe fatto queste figuracce politiche. Improbabilmente la Lega si sarebbe spaccata così apertamente davanti agli elettori, ed improbabilmente a qualcuno del Pd sarebbe venuto in mente di proporre una 'maggioranza Draghi' alle sponde del Ticino e del Po, preferendo la più comprensibile contrapposizine 'centrodestra-centrosinistra'.

Restituire il diritto di voto ai cittadini

Per poche che siano dunque le competenze di province e città metropolitane, finché questi enti sono vivi e vegeti conviene forse restituire a tutti i cittadini il diritto di voto. I giochi da 'teatrino della politica' si perpetrerebbero, ma non in modo così smaccato. Inoltre non si capisce perché un ente territoriale non debba soggiacere al principio democratico del suffragio universale e diretto.

Il risultato è, infatti, che i cittadini non sanno nemmeno che si vota per le province e le città metropolitane. A Milano si vota il 19 dicembre, ovvero il giorno in cui scriviamo, e i partiti e i candidati, con qualche eccezione, non si sono (ovviamente) preoccupati di fare campagna elettorale. Che senso avrebbe investire (molto) denaro in tavoli, volantini, incontri pubblici se poi il cittadino non può votare? Così il dibattito pubblico è inesistente, i 2.088 amministratori con diritto di voto hanno ben chiaro per chi voteranno, quelli dei comuni più piccoli hanno anche ben chiaro che i loro voti non sono così rilevanti: il sistema infatti 'pesa' il voto a seconda della grandezza del comune di appartenenza e così i 49 elettori del capoluogo valgono in realtà 714 voti a testa per 34.986 voti, mentre i 730 amministratori dei 43 comuni tra 10 mila e 30 mila abitanti (la 'fascia' più grossa nel Milanese) equivalgono a 23.562 voti. Il totale generale a disposizione è 99.052. 

Le liste a Milano

Le differenze di 'pesi' hanno portato, ad esempio, il Movimento 5 Stelle a rinunciare a presentarsi. A Milano città, infatti, non ha più consiglieri e avrebbe potuto contare su pochi amministratori di comuni più piccoli. Per la cronaca, sono cinque le liste candidate: Lega, Fratelli d'Italia, Insieme per la città metropolitana (con esponenti di Forza Italia), C+ (con esponenti del Pd e di liste civiche di centrosinistra) e Città dei territori (con i Verdi e altre liste di sinistra).

A Milano, dove c'è una città metropolitana e non una provincia, a capo ci sarà Beppe Sala automaticamente, in quanto sindaco del capoluogo. E quasi certamente si avrà una maggioranza di centrosinistra (C+ e Città dei territori). Si conosce già il nome della vice sindaca metropolitana: Michela Palestra, sindaca di Arese del Pd, appena designata in sostituzione di Arianna Censi che Sala ha chiamato in giunta a Palazzo Marino. I cittadini sono impegnati nei regali e nelle cene di Natale e a capirci qualcosa sui rischi di zona gialla per il covid. Di elezioni non si parla proprio. Forse è un peccato, forse è qualcosa da risolvere.

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