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Martedì, 16 Aprile 2024
Elezioni comunali 2016

L'accordo Passera-Parisi: i voti moderati dove andranno?

Il ritiro a sorpresa dell'ex ministro lascia un "vuoto politico" che, nella città di Milano, non è di piccolo calibro. I voti di Passera si trasferiranno a Parisi oppure prevarrà la distanza dal "leghismo lepenista"?

La politica è questa, bellezzaCorrado Passera "getta la maschera", dicono a sinistra, e lo fa quando di solito non si fa. Nelle elezioni con doppio turno, quando un candidato si rende conto che non arriverà mai al ballottaggio, aspetta lo stesso il primo turno, poi fa "pesare" su un tavolo di trattativa i propri voti. Soprattutto quando c'è un chiaro testa a testa, come a Milano nel 2016, con Stefano Parisi (centrodestra) e Giuseppe Sala (centrosinistra) che si assomigliano nella biografia, nelle idee, nei sondaggi. L'uno - fino ad ora - un po' più indietro dell'altro, ma quasi appaiati. 

L'ex ministro di Monti - che però da Monti si è fortemente dissociato sul finire di quell'esperienza governativa - aveva puntato tutto il suo futuro politico sulla candidatura indipendente a sindaco di Milano, mettendo in piedi una macchina di propaganda costosa e imponente, investendo tutto il suo tempo da molti mesi a questa parte, girando per la città e scovando anche "piccoli ma grandi" temi che gli avversari ignoravano. Ha incontrato persone, comitati. Ha convinto molti a candidarsi offrendo ascolto laddove trovava buone idee. 

Ha costruito da zero un consenso che alcuni danno al 3%, altri tra il 5 e il 10%, tanto se si considera appunto che la sua base elettorale era nulla, poco se si ha l'ambizione di avere buone idee e si cerca la determinazione (e i voti) per realizzarle. Da un certo punto di vista, non ha fatto il politico: si è accordato prima del primo turno e non dopo, come invece fanno tutti gli altri. Ha evitato quindi di fare ciò che prima o poi avrebbe dovuto iniziare a fare: la guerra a Parisi per erodere parte del suo elettorato, poi la pace proprio con Parisi per portare in dote i voti e ottenere in cambio qualcosa.

Un accordo però è sempre uno scambio. E - a leggere i social network - le persone che lo hanno sostenuto finora mostrano di non sapere di che scambio si tratti. "Mi pare sia evidente che c'è un accordo politico che avrà degli effetti", scrive su Facebook un suo sostenitore attivo. Senza però specificare quale accordo c'è e quali effetti porterà. Probabile che l'accordo a questo punto non sia così definito nel dettaglio, anche perché si dice che Passera presenterà una sua lista autonoma in ogni caso, sebbene sostenendo Parisi e non più sé stesso. Il che significa, forse, che i contenuti dello "scambio", detto in modo neutro, saranno stabiliti dopo il voto, dopo avere visto le percentuali alla lista Passera.

Così, la strada per l'ex ministro sarà più difficile. Perché a quel punto l'elettore medio potrebbe preferire la lista civica di Parisi oppure uno dei partiti di centrodestra. E perché la sua visibilità, d'ora in avanti, sarà inevitabilmente più scarsa. Ma anche perché - è la nostra impressione - semplicemente perderà molti consensi per strada.

Sono più numerosi di quanto si crede, infatti, i milanesi moderati che - dopo avere voltato le spalle alla Moratti nel 2011, andando al mare o addirittura votando per Pisapia - non si sono ricreduti sul giudizio negativo verso il centrodestra cittadino e nazionale. L'elettorato milanese è cambiato negli ultimi sei o sette anni, e questo si conferma ad ogni appuntamento. Nel 2013, a Milano città, alle regionali, l'attuale governatore Roberto Maroni ha preso il 34,4% dei voti, il suo avversario di centrosinistra Umberto Ambrosoli il 48,3%. E sempre nel 2013, alle elezioni della Camera, con Pd primo partito, il 13,7% dei milanesi ha votato per Scelta Civica (Monti), e Fermare il Declino ha preso 7 mila voti in più di Fratelli d'Italia (in zona 1 addirittura Scelta Civica primo partito con il 24,4%). Ancora per l'europarlamento nel 2015 il Pd già renziano conquistava ben il 44,9%, ben più che a livello nazionale, e più del 50% in zona 1, a testimonianza che i voti moderati più di centro hanno di fatto abbandonato (finora) il centrodestra.

Questi milanesi, tolto Passera, restano senza il candidato a sindaco più vicino a loro. Lo seguiranno verso l'alleanza che comprende anche la Lega Nord, che solo a metà marzo l'ex ministro di Monti invitava a non votare definendolo "fascismo leghista lepenista" dopo l'incontro tra Marion Le Pen e Matteo Salvini? Inevitabile concludere che pare essersi appena consolidata - anche a Milano, in prospettiva in Italia - quell'alleanza assolutamente atipica, che non esiste in nessun altro Paese d'Europa, tra i "lepenisti" e i moderati. In attesa di conoscere i dettagli dell'accordo Passera-Parisi, non è detto che i moderati apprezzino. E a Milano, come si è detto, non son pochi.

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