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Alessandro Rovellini

Direttore responsabile

Battere Fontana (o la Moratti) per il Pd non sarà affatto facile: 5 motivi

Nonostante il vento favorevole dei recenti ballottaggi, il Pirellone rimane una roccaforte difficile da espugnare. La strada è sì meno in salita degli anni passati, ma bisogna sbrigarsi. E avere una proposta convincente che non sia un copincolla democristiano degli avversari

Faccio il salmone e risalgo la corrente. Con lo champagne ancora aperto, mentre dopo la tornata di ballottaggi amministrativi il centrosinistra esulta, è già tempo di pensare al dopo. E quel dopo, qui, è la corsa al Pirellone del 2023. Regione ininterrottamente occupata dal centrodestra da quasi un trentennio. Il vento favorevole ai dem però rischia di affievolirsi velocemente. Metto in ordine 5 riflessioni. Il sunto: per Letta & co. servirà lo stesso un'impresa titanica. Nonostante si senta sottovoce da qualche parte "questa è la volta buona" e, con ogni probabilità, la strada è meno in salita del 2018. No, senza un capolavoro di astuzia e pragmatismo politico nemmeno questa sarà la volta buona.

1) Non si ripeteranno le Comunali milanesi

Lega, FI e FdI hanno imparato e studiato dopo la batosta alle Comunali dello scorso anno. Bernardo è stato un candidato scelto troppo tardi, a tratti improponibile, in cui, forse, non credeva nessuno. Per la Regione non si può sbagliare. Tanto che, a un anno dalla competizione, le carte sono già state scoperte: o il governatore uscente Fontana (prima scelta in pectore) o l'assessore al Welfare Letizia Moratti (rodatissima e spinta da più parti del mondo imprenditoriale, non ha per ora fatto un passo indietro). Ci sono schermaglie ovvie, ma la coalizione arriverà al voto unita. Berlusconi, Meloni e Salvini si metteranno d'accordo. Molto più rapidamente che per Palazzo Marino. I coordinatori lombardi Santanchè (FdI), Ronzulli (FI) e Cecchetti (Lega) convergono su Fontana.

2) Le Politiche e la Sicilia

C'è da capire se ci sarà o meno l'election day il 28 maggio. Ma quello che succede a Roma è legato a doppio filo a Milano. Il nuovo governo è un'enorme incognita, come racconta qui Andrea Maggiolo. A oggi, già possiamo ipotizzare che ci sarà (se ci sarà) una maggioranza risicata. Ai limiti dell'ingovernabilità. Nei sondaggi il Pd, che s'arrabatta intorno al 20%, ha in meno la stampella del M5S in implosione e un approccio governista che non pesca, o non pesca più, nei voti di piena sinistra. Le elezioni siciliane d'ottobre saranno importanti per comprendere se c'è margine senza i 5 Stelle. Fratelli d'Italia gigioneggia nei sondaggi, ma spesso e volentieri, alla prova dell'urna, le performance sono meno entusiastiche. Con la Lega, Salvini non ne azzecca più una da 3 anni a questa parte, ma rimane al comando. La mina vagante, in un paradosso tutto italico, è proprio quella galassia di "forze rassicuranti" da Calenda a Renzi passando per Toti e Di Maio. E qui si arriva al terzo punto. Al fantasmagorico campo largo.

3) Il centro infinito

Fontana e Letizia Moratti non sono personaggi estremi. Se Moratti rappresenta l'anima moderata del centrodestra lombardo, Fontana, pur sponsorizzato dai vertici del Carroccio in sintonia (giorgettiani e salviniani), non è certo un falco estremista. Non è Borghezio e nemmeno Max Bastoni, per intenderci. Il che complica il gioco degli avversari. I verde-azzurri raggiungeranno elettori che, in città, hanno messo la x per Sala. Ai democratici serve una proposta diversa, dirompente, convincente ma non ovvia, declinata territorio per territorio, che segni una svolta progressista nel futuro regionale: dai diritti sociali alla sanità, dove ci sono spazi enormi. Fare un copincolla sbiadito in salsa democristiana del programma avversario non è vincente. Galimberti, doppio mandato a Varese dopo 23 anni di dominio leghista, in una recente intervista ha affermato che il Pd dovrà trattare la campagna "come se fosse in un municipio". C'è del vero. Poca politica fumosa e tante soluzioni reali per la provincia. Perchè ogni città lombarda ha problemi diversi. Le stesse parole nelle vie fighette sui Navigli hanno un peso, in Val Seriana un altro.

4) Il nodo del candidato

Il tempo stringe. Il segretario regionale Pd Peluffo ha promesso un nome "entro l'estate". Vuol dire tutto e niente e, soprattutto, vuol dire che siamo in alto mare. Si parla dell'economista Carlo Cottarelli, del sindaco di Brescia Del Bono (l'esperienza parallela da Bergamo di Gori, tuttavia, non fu entusiasmante con un misero 29%) e di Beppe Sala. Il primo cittadino, appena rieletto, ha più volte declinato, ma la telenovela-tiramolla di Albertini dello scorso anno insegna che mai dire mai. E soprattutto pare correre una piccata competizione tra ex manager con Moratti: l'ultimo battibecco è degno dei dissing da rapper. Pier Maran, infine, assessore milanese recordman di preferenze, sembra sparito dai radar. Non c'è, insomma, a oggi, un solista definito da spendere nei territori. Bisogna giocare sui contenuti. E bisogna avere coraggio.

5)  La prima ondata è lontana

Non siamo più nel 2020. Il covid non è scomparso, anzi, ma la percezione di convivenza forzata col virus è più che mai reale e realistica. Sono lontani mediaticamente le mascherine messe al contrario, i camici, l'ospedale in fiera, i morti, il sistema in tilt, gli sprechi e le inefficienze. Una persona ha pagato: l'ex assessore alla Sanità Gallera. E il capitolo parrebbe essere chiuso. Fontana ha dalla sua parte il tempo che è un gran cicatrizzante e livellatore; Letizia Moratti, invece, nell'immaginario odierno è il 'fixer' che ha messo a posto le cose. La polvere della prima ondata, quella slavina di bare e contagi travolgente, soffocante e mai arginata, è già sotto al tappeto.

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