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Razze, Fontana (Lega) insiste: «Ne parla anche la Costituzione, allora cambiamola»

Il candidato presidente della Lombardia per il centrodestra conferma l'inopportunità del suo accenno alla "razza bianca" ma insiste sull'argomento

Prima l'accenno alla "razza bianca" da difendere, poi l'ammissione (parlando di lapsus). Ma Attilio Fontana, candidato della Lega e del centrodestra alla presidenza di Regione Lombardia, non demorde. Il 16 gennaio torna a parlare del concettto di razza pur ammettendo nuovamente di avere usato «una espressione inopportuna» ma sottolineando che il tema va comunque affrontato.

«Io volevo semplicemente evidenziare come un discorso lasciato al caso rischi di essere devastante per il nostro Paese», ha affermato Fontana al TgCom spiegando che, «invece di razza, dovevo dire popolo italiano o cultura nazionale da difendere da un'invasione che rischia di distruggerci».

E pur ammettendo l'espressione inopportuna, Fontana ha dichiarato che «dovrebbero cambiare però la Costituzione, perché si parla di razze». Una frase che rischia di suscitare un ulteriore vespaio. E che, in un certo senso, è un boomerang per Fontana. Già, perché la Carta costituzionale parla sì di "razza", ma al celebre (e importantissimo) articolo 3, quello che vieta qualunque tipo di discriminazioni. 

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. (Costituzione italiana, Art. 3, c. 1)

Insomma, è vero che la Costituzione parla di razze, ma innanzitutto risale al 1948, in secondo luogo ne parla in un senso davvero diverso da quello che sembrerebbe trasparire dalle parole del candidato governatore.

Perché non è scientificamente corretto parlare di razza

Da un punto di vista scientifico l’unico termine che identifica gli esseri umani è specie, mentre il termine "razza" è improprio. Nella zoologia moderna, il termine "razza" si applica solo agli animali domesticati selezionati dall’uomo con incroci specifici effettuati al fine di ottenere particolari caratteristiche. Per definire invece le differenze, a volte sottili, altre marcate, tra gli animali che, pur se appartengono alla stessa specie hanno caratteristiche fisiche diverse, si usa invece il termine "unità tassonomica". La "specie" poi identifica quegli animali (o vegetali) che incrociandosi tra loro generano potenzialmente una prole illimitatamente feconda.

Il "catalogo razziale" generalmente usato, che divide l’umanità in australoidi, europoidi, mongoloidi e negroidi, è basato sostanzialmente sull’origine geografica e su caratteristiche fisiche, come colore della pelle, dei capelli e degli occhi,  risultato di processi adattativi a livello di specifici geni rispetto a fattori ambientali e non hanno nessuna relazione con comportamenti sociali o qualità morali ed intellettuali.

Un catalogo che l'Antropologia Generale non ritiene più valido anche se l’Antropologia Forensica continua ad usarlo poiché utile per classificare nell'immediato l’aspetto fisico generale del defunto.

L'eco delle dichiarazioni era arrivata anche a Parigi, dove il vicepresidente della Commissione europea, Pierre Moscovici, di origini ebree romene, ha etichettato quelle parole come "scandalose". Moscovici - che ha commentato anche le dichiarazioni di  Luigi Di Maio sulla possibilità di sfondare il tetto del 3% nel rapporto deficit-Pil - ha aggiunto: «I partiti illiberali, razzisti, estremisti, vanno combattuti sul terreno politico».

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