Evasione fiscale per un miliardo per finanziare i fondamentalisti islamici. E' solo un'ipotesi su cui ha lavorato la procura di Milano. Secondo quanto riferito dal Corriere, la prova starebbe in alcuni documenti che sono stati trovati nel 2010 in un covo di talebani, tra l'Afghanistan e il Pakistan, nello stesso periodo e negli stessi luoghi in cui si dava la caccia a Osama Bin Laden. L'indagine era partita dalla denuncia di una commercialista. La procura ha scoperto che due bande avevano appunto evaso Iva per oltre un miliardo di euro in quattro anni, fino al 2012.

I documenti rinvenuti nel covo erano riferiti a un pakistano di 40 anni che risultava amministratore di una società con sede a Milano, la Sf Energy Trading. La professionista aveva segnalato alla procura di Milano che la società - lavorando per aziende di compravendita di "carbon credit" stava guadagnando parecchi soldi. Il "carbon credit" è quel meccanismo per il quale le imprese che producono poco gas serra hanno la possibilità di "vendere" le proprie quote risparmiate a società che invece ne producono in eccesso. Tutto regolare, consentito dal protocollo di Kyoto, ma lo scambio di "carbon credit" veniva in questo caso effettuato attraverso società fittizie che incassavano l'Iva e poi chiudevano.

I soldi, alla fine, andavano a Dubai transitando per conti correnti esteri. E da Dubai contribuivano a finanziare il terrorismo di matrice islamica, come hanno accertato i servizi segreti di Usa e Regno Unito esaminando i documenti scoperti nel covo.

La procura di Milano è pronta a chiedere il processo per 38 indagati, di cui 11 ricercati. 80 milioni di euro sono stati sequestrati per una frode, che pare ormai accertata, di 660 milioni, mentre altri 450 milioni sottratti all'erario italiano stanno venendo alla luce da un altro filone d'indagine.