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Cosa sta succedendo col Pride di Milano

Dopo una prima apertura, con una mozione passata a voto segreto, regione Lombardia fa una parziale marcia indietro: il Pride non avrà il patrocinio del Pirellone. Ed è bagarre politica

Non con il "mio nome". In Lombardia esplode il caso "Milano Pride", la parata organizzata dalla comunità Lgbtqia+ che si terrà il prossimo 2 luglio a Milano per chiedere diritti e rivendicare l'orgoglio delle persone omosessuali. 

Il Pirellone ha infatti deciso di non concedere il patrocinio alla manifestazione perché - si legge in una lettera indirizzata da Arcigay e firmata dalla dirigente dell'area programmazione e relazioni esterne - in precedenza alcuni episodi "hanno provocato critiche istituzionali e dell'opinione pubblica". Il riferimento, che appare abbastanza chiaro, è a quanto accaduto al Pride di Cremona, dove alcuni attivisti hanno portato in corteo una statua della Madonna con il seno in vista. 

"Regione Lombardia - si legge nella missiva - condivide l’importanza di iniziative dedicate a promuovere coesione, parità, sensibilizzazione e rispetto delle identità e dei diritti politici, umani, sociali, civili". Poi la doccia fredda: per quanto riguarda il Pride Milano in particolare, "a seguito delle verifiche e delle riflessioni interne e a seguito di episodi che hanno provocato critiche istituzionali e dell’opinione pubblica, è stato ritenuto di non concedere il patronato istituzionale di Regione Lombardia alla parata del prossimo 2 luglio".

Una scelta che ha il sapore di retromarcia perché il consiglio regionale - a voto segreto - aveva approvato nei giorni scorsi una mozione per illuminare il Pirellone con l'arcobaleno e garantire una presenza istituzionale della Regione alla parata. Ma soprattutto una scelta che ha causato una bagarre politica tra maggioranza e opposizione. Il primo a prendere posizione è stato Alex Galizzi della Lega, secondo cui "la giunta regionale ha ripotato ordine". Ricordando "le oscene ostentazioni di Cremona, dove una statua della Madonna è stata villipesa", il leghista ha definito "un errore madornale" l'approvazione della vecchia mozione: un "errore che finisce per confondere gli elettori e dare uno spaccato falsato di quello che rappresentano simili iniziative".

Sulla stessa lunghezza d'onda la compagna di partito Silvia Scurati: "Il gay pride è una inutile e ridicola ostentazione che rappresenta la parte politicizzata degli omosessuali, una provocazione a volte blasfema che non ha nulla a che vedere con la difesa dei diritti civili. Bene, quindi, il rifiuto della giunta di Regione Lombardia alla concessione del Patronato per il Milano Pride 2022”. E non si discosta di una virgola neanche Max Bastoni, altro consigliere in quota Lega: "Mi pare coerente e corretto verso il nostro elettorato che la giunta regionale abbia negato il patrocinio al Gay Pride di Milano. Ora, dopo la scellerata mozione approvata in consiglio regionale, mi attendo un atto di responsabilità verso i contribuenti lombardi che sarebbero costretti a partecipare alle spese dell’illuminazione del Pirellone coi colori arcobaleno", ha attaccato. "Perché mai su un tema divisivo, che esula dai diritti civili e approda alla teoria gender e all’utero in affitto, dovrebbero pagare tutti i lombardi?". 

Di diverso avviso, chiaramente, le opposizioni. Tra i più critici Paola Bocci, consigliera regionale del Pd: “Dalla giunta Fontana, trainata dalla Lega, non ci potevamo aspettare niente di meglio. Il Pride è una manifestazione di libertà contro ogni forma di discriminazione, negando il patrocinio la giunta regionale perde un’occasione per dimostrare la sua vicinanza alla comunità Lgbtq+. A maggior ragione ha valore la presa di posizione del consiglio che a maggioranza, sebbene a voto segreto, ha imposto la partecipazione ufficiale della Regione e l’illuminazione di Palazzo Pirelli. Evidentemente, con buona pace della Lega, certe posizioni omofobe e retrograde non sono condivise nemmeno da tutti gli esponenti del centrodestra", la sua riflessione. 

Ancora più duro Simone Verni, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle e primo firmatario della mozione approvata. "La demagogia e l’intolleranza di questo centrodestra non hanno limiti", il suo j'accuse. "Il voto del consiglio regionale alla mia mozione aveva rappresentato un segnale, una speranza di un futuro fatto di maggiori diritti, più tollerante ed inclusivo. La giunta al contrario, scegliendo di non patrocinare il Pride, ha voluto affrettarsi a riportare l’ordine vigente in modalità medioevo", ha concluso. 

C'è amarezza invece nelle parole di Fabio Pellegatta, presidente di Arcigay Milano: "Abbiamo fatto una richiesta, come ogni Pride. È stato chiesto al comune, alla città metropolitana ed entrambi hanno risposto positivamente. Così abbiamo fatto anche con la regione e la risposta che è venuta è questa". "Quanto fatto dalla Regione si inserisce nel solco di quello che abbiamo visto negli ultimi anni nonostante quello che succede in Italia in termini di discriminazioni e nonostante - ha sottolineato - quanto sia importante affermare quali posizioni hanno le istituzioni nei confronti di istanze di libertà come quelle che il Pride porta avanti".

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