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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Politica

La prima volta di Liliana Segre al Senato: standing ovation per la testimone dell'Olocausto

Nominata a gennaio senatrice a vita, alla prima seduta post-elettorale i senatori le hanno tributato un lungo applauso, tutti in piedi. Tranne Calderoli

Venerdì 23 marzo si sono insediati i due rami del Parlamento dopo le elezioni d'inizio mese. Primo atto, l'elezione dei rispettivi presidenti: ed è stato un nulla di fatto, con la "vittoria" delle schede bianche in attesa che le forze politiche (in particolare il centrodestra e il Movimento 5 Stelle) trovino la "quadra" sui nomi. Nessuno schieramento ha infatti la maggioranza assoluta, men che meno quella qualificata richiesta nelle prime votazioni per eleggere i presidenti di Camera e Senato.

Ma c'è stato un momento in cui, almeno al Senato, si è raggiunta (quasi, come vedremo) l'unanimità. E' stato quando Giorgio Napolitano (che presiede temporaneamente l'aula in quanto senatore anziano) ha accolto a Palazzo Madama Liliana Segre, nominata a gennaio senatrice a vita dal Capo dello Stato. 

Al nome della Segre, praticamente tutti i senatori si sono alzati in piedi per tibutarle un applauso caloroso: e si è alzata anche lei, ringraziando con gesti del capo, finché dopo qualche minuto Napolitano non ha interrotto l'acclamazione riprendendo a condurre la seduta. Tutti, si diceva, eccetto uno: il leghista Roberto Calderoli. Che poi, però, ha spiegato di essere rimasto seduto soltanto perché contrario all'istituto dei senatori a vita, ma ha aggiunto di non aver mancato di essere andato a presentarsi alla sua nuova collega e di averle tributato la stima che tutti gli altri, invece, hanno ritenuto doverosamente di manifestare con la standing ovation.

Milanese, classe 1930, Liliana Segre ha abbandonato la scuola elementare nel settembre 1938 a causa delle leggi razziali istituite, in quell'anno, dal fascismo. Dopo un tentativo di fuga in Svizzera col padre e due cugini, fu arrestata e, nel 1944, quando aveva 14 anni, deportata a Birkenau-Auschwitz col padre. L'arrivo nel campo di concentramento coincise con l'ultimo momento in cui vide il genitore: furono infatti separati e lei destinata alla sezione femminile. Pochi mesi dopo, il padre morì. Trasferita in tutta fretta nel 1945 nel campo di Malchow, venne liberata il 1 maggio.

Vedova di Alfredo Belli Paci, ha tre figli. Dopo molti anni di silenzio decise di iniziare a raccontare la storia personale e della sua famiglia per divulgare il più possibile l'orrore dei campi di concentramento voluti dal nazismo. Vive tuttora a Milano e presiede il Comitato per le "Pietre d'Inciampo". 

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