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Presidio contro la Turchia davanti al consolato: «Fermare la guerra ai curdi»

Migliaia di persone hanno manifestato a Milano davanti al consolato turco di via Canova

Migliaia di persone si sono recate in via Canova, davanti al consolato turco, per manifestare contro la guerra che la Turchia di Erdogan sta conducendo da alcuni giorni nel territorio del Rajova, ovvero la zona curda del Nord della Siria, subito dopo l'abbandono degli avamposti da parte delle truppe statunitensi su ordine di Donald Trump. Presenti numerose sigle, dai partiti alle associazioni ai sindacati, oltre a una nutrita presenza di curdi che vivono a Milano.

«Milano non resta indifferente alle emergenze umanitarie come questa. Chiediamo ai parlamentari e al governo di non indugiare sullo stop alla vendita di armi alla Turchia», ha dichiarato Silvia Roggiani, segretaria metropolitana del Partito Democratico. «Con la Turchia si deve essere duri ma anche mantenere un dialogo per arrivare a un cessate il fuoco. La Turchia va costretta a un tavolo di negoziato. L'Italia deve darsi da fare più degli altri, non possiamo accettare che questa situazione sia risolta da Erdogan, Putin e Assad», ha aggiunto Lia Quartapelle, deputata del Pd.

Moltissimi i cartelli e gli slogan contro il presidente della Turchia Erdogan, definito «fascista», «assassino» e «dittatore». E moltissime le bandiere giallo-verdi simbolo della resistenza curda, che abbiamo conosciuto negli anni della lotta dei curdi contro l'Isis. «Non chiediamo solo lo stop di vendita di armi ad Ankara, ma anche pesanti sanzioni contro la Turchia da parte dell'Europa», ha dichiarato Michele Usuelli, consigliere regionale di +Europa, che ha anche ricordato «l'oppressione in cui vive il popolo turco da parte di un regime che ha arrestato insegnanti, magistrati e giornalisti». «E' scandaloso che il popolo curdo, dopo i sacrifici che ha fatto e il sangue che ha versato, sia abbandonato dall'Occidente, dall'Ue e dalla Comunità Internazionale», ha affermato Eugenio Comincini, senatore di Italia Viva. 

Hazal Koyncuer, la rappresentante della comunità curda milanese, ha ricordato l'impegno profuso dalle donne curde durante la resistenza contro l'Isis (che ai curdi è costata più di 10 mila morti), ha invitato l'Italia e l'Europa a smettere di vendere armi a Erdogan e ha promesso: «Resisteremo fino all'ultimo. Non ci fermeremo davanti a nessun tipo di fascismo, perché noi siamo antifascisti».

Intanto nel Rojava si combatte

E nel Rojava si continua a combattere (e i curdi continuano a resistere). Le truppe di Erdogan, aiutate dal fantomatico Turkish-backed Syrian Army, perpetrano crimini di guerra e hanno già ucciso un giornalista, Saad Al-Ahmad, corrispondente di Hawar News Agency, mentre viaggiava con un convoglio di giornalisti e civili scortato da miliziani curdi. Uccisa anche la politica curda di 35 anni Hevrin Khala, insieme al suo autista.

Con la mediazione russa, è stato raggiunto un accordo tra l'autorità autonoma del Rojava e il governo siriano di Assad, nemici fino a qualche giorno fa: le truppe russo-siriane entreranno nelle due città di Manbij e Ayn Arab/Kobane, considerate altamente strategiche, per difenderle dall'avanzata turca. Il governo turco definisce la guerra in atto una operazione di "pulizia" antiterrorismo ma è evidente a tutta la comunità mondiale che, in realtà, viene colpita l'intera popolazione curda.

Da un carcere curdo sono già scappati circa 800 appartenenti all'Isis. Sono circa 12 mila in tutto gli appartenenti all'Isis detenuti nelle carceri curde, che però sono sempre più senza controllo. E ammontano a quasi 200 mila gli sfollati a causa degli attacchi turchi. Si calcola che possano presto arrivare a 400 mila persone. Prevedibile un'impennata di profughi verso l'Europa. 

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