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Arresto di Navalny in Russia e repressione in Belarus: domenica di manifestazioni a Milano

In piazza la comunità russa per contestare l'arresto di Navalny. E poi i bielorussi per sostenere i cortei che proseguono da agosto

Il centro di Milano si è colorato delle bandiere russe e bielorusse domenica 31 gennaio. A mezzogiorno, all'Arco della Pace, la comunità russa milanese è scesa in piazza per la seconda settimana consecutiva. Alle due di pomeriggio, in via Beltrami (Cairoli), è stata la volta di quella bielorussa, ormai "veterana" visto che, dall'estate 2020, restrizioni Covid permettendo, dà il sostegno ai connazionali in patria dopo le elezioni presidenziali truccate e i successivi arresti di massa. E scambio di partecipanti alle rispettive manifestazioni da parte delle due comunità.

Russia e Belarus: manifestazioni a Milano (Melley/MT)

Russia: proteste per l'arresto di Navalny

I russi, dopo il riuscito presidio in via Mercanti di sabato scorso, sono tornati in piazza scegliendo, questa volta, l'Arco. La richiesta è semplice: il rilascio immedato dell'oppositore politico Aleksej Navalny, arrestato a Mosca il 17 gennaio appena atterrato dalla Germania, dove si era recato per le cure di un avvelenamento dapprima negato dai medici russi che lo avevano preso in carico. In concomitanza si sono svolte, domenica, grandi manifestazioni in tutta la Russia, che il regime di Putin ha vietato non riuscendo però ad impedire che i cittadini si riversassero nelle piazze.

In campo non c'è solo il diritto all'agibilità politica di un oppositore del governo, ma anche la protesta contro la corruzione generalizzata del potere politico ed economico del Paese. Molto scalpore, anche tra i russi, ha fatto la pubblicazione del video-documentario curato dallo staff di Navalny sulla "reggia" di Putin affacciata sul Mar Nero: una residenza da 1,1 miliardi di euro. Il documentario, pubblicato online subito dopo l'arresto di Navalny, racconta anche la lenta ascesa di Putin da agente del Kgb a collaboratore del sindaco di San Pietroburgo con le prime "mazzette" sull'esportazione di materie prime. 

La "diaspora" russa ha manifestato in numerose città in tutto il mondo. Nel nostro Paese ha aderito Più Europa, presente con propri presidi in una decina di città italiane e con bandiere e militanti alle manifestazioni russe di Roma e Milano. Nel capoluogo meneghino erano presenti, tra gli altri, Yuri Guaiana della segreteria nazionale e Lorenzo Lipparini, assessore alla partecipazione. Per martedì è prevista la presentazione di una mozione in sostegno a Navalny da parte del consigliere regionale lombardo Michele Usuelli.

Russi e bielorussi a Milano 31/01/2021 (Foto Iryna Khineika)

Belarus: le storie dei detenuti politici

Due ore dopo, tra il Castello e largo Cairoli, la comunità bielorussa (con l'associazione Supolka) ha organizzato un presidio di sensibilizzazione sulla situazione nella Repubblica di Belarus che si protrae da agosto 2020: il risultato ufficiale delle elezioni presidenziali (con l'80% dei voti al presidente uscente Aleksandr Lukashenko) è parso impossibile, sia perché i sondaggi davano la sua popolarità ad un misero 3%, sia perché le successive manifestazioni di protesta hanno coinvolto milioni di persone, mentre le contro-manifestazioni a sostegno del regime si sono svolte solo grazie a dipendenti pubblici "precettati".

Al presidio bielorusso, come sempre, tripudio di bandiere bianco-rosse dell'indipendenza, che stanno per essere dichiarate ufficialmente un simbolo sovversivo. Tanta musica, ma anche interventi toccanti sulla condizione dei prigionieri in Belarus. Almeno 200 quelli certificati come prigionieri politici, a cui si aggiungono molti giornalisti e blogger e tanta gente comune. Proprio ai detenuti sono stati dedicati molti interventi. Non solo nomi, ma volti e storie da raccontare.

Una donna ha raccontato tra le lacrime che il cognato è stato fermato in strada, mentre camminava, e solo successivamente identificato come partecipante ad una manifestazione attraverso le video riprese della stessa: a quel punto è stato accusato penalmente e rischia sei anni di carcere. Se questo metodo fosse applicato in modo generalizzato, significherebbe che in Belarus non è più sicuro nemmeno fare una passeggiata. In Belarus sono già in costruzione alcuni campi di concentramento, spazi recintati che accoglieranno prigionieri catturati durante o dopo le manifestazioni di protesta.

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