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Maran, l'ombra sul "penatiano" di ferro. Ma è davvero così?

Pdl e Idv chiedono "lumi" sull'ascesa di Pier Maran, assesore Trasporti, vista la sua vicinanza con Filippo Penati. Pisapia nega categoricamente. Il commento

Pesa un sms tra amici, quello che Antonio Rugari manda a Filippo Penati il 13 giugno 2011, poco dopo l'ufficializzazione della giunta Pisapia: "Ciao Filippo, considerata come è andata a Milano, credo che si possa tentare di risolvere la questione di Piero, prima che si vada oltre certi limiti e si degeneri".

Si tratta di Piero Di Caterina, imprenditore nel settore dei trasporti, che ha un contenzioso con Atm. Ora la politica milanese si interroga su quel che significa l'sms. A molti appare ovvio che Rugari si riferisca alla nomina di Pierfrancesco Maran all'assessorato ai trasporti. Maran, giovane emergente del Pd, è arrivato secondo nella lista del suo partito, dopo Stefano Boeri. Maran ha nel suo passato un curriculum di "penatiano di ferro". Ha fatto il "botto" elettorale con più di 3.500 preferenze personali, il posto da assessore era nelle cose, ma ora in molti s'annida il sospetto che gli sia stata data anche la delega ai trasporti (oltre a quella all'ambiente) proprio con "interessamento" (non disinteressato) di Filippo Penati.

Il sospetto viene dal Pdl, con De Corato e Gallera che promettono una interrogazione in consiglio comunale se Maran non si dimetterà spontaneamente. Ma viene anche dalla dirigenza lombarda dell'Italia dei Valori, che chiede sostanzialmente la stessa cosa. Stefano Zamponi, in particolare, si lascia andare: "E' possibile sapere perché il delicato assessorato ai trasporti, da cui dipende Atm, è stato affidato a un trentenne laureato in scienze politiche, privo di esperienza nel settore?".

Il sindaco per il momento risponde di non avere subito pressioni da nessuno, del resto anche in tempi non sospetti (cioè immediatamente dopo l'ufficializzazione di nomi e deleghe) aveva tenuto ad assumersi personalmente la responsabilità di tutte le scelte. E Pier Maran, dopo un weekend di silenzio, ha promesso per oggi un intervento chiarificatore, anticipando però l'intenzione di non dimettersi.

Fin qui la cronaca di questi ultimi giorni. E' però opportuno ricordare alcune cose. Maran non può certo vantare la laurea in ingegneria dei trasporti, ma anche Benedetto Croce non era laureato (né in filosofia, né in nient'altro), e la definizione di "figlioccio di Penati" è alquanto ingenerosa.

L'appoggio di Penati c'è stato. L'ex presidente della provincia di Milano scriveva il 13 maggio: "Chiedo a  tutti  di sostenere Pisapia, votare Pd  e impegnarsi per il rinnovamento scrivendo Maran". Ma se avesse potuto contare soltanto sull'appoggio di un importante esponente nazionale del Pd, Maran non avrebbe quasi fatto campagna elettorale; invece l'ha fatta e l'ha fatta al modo di un giovane impegnato in politica, con tanto di comizi davanti alle fabbriche, alle scuole, ai luoghi di transito. Chi glielo avrebbe fatto fare di andare alle quattro del mattino davanti ai cancelli della Marcegaglia, unico (a quanto ci risulta) nel Pd milanese?

E prima ancora, un anno fa, non avrebbe certo avuto bisogno di andare a cucinare le piadine alla festa del Pd, mentre il partito "impalmava" l'archistar Boeri come proprio candidato a sindaco nella saletta accanto. E' evidente che Penati, pur importante, non "pesa" 3.500 voti di preferenza. Ma c'è anche un altro aspetto. Il legame tra Maran e Penati trae origine dalla divisione in correnti del Partito democratico. Entrambi, ovviamente con ruoli diversi, sono "bersaniani". Chi conosce la sinistra milanese sa che a Milano già nel Pci era molto forte una corrente, quella "migliorista", che a livello nazionale contava poco. E anche oggi la corrente che guida il partito a livello nazionale ha delle difficoltà nel capoluogo lombardo. In una situazione del genere è comprensibile che i legami tra membri della corrente più importante del Pd, ma debole localmente, siano ancora più forti che altrove, dove quasi non c'è bisogno di "far squadra" per vincere le competizioni locali (ad esempio i congressi di partito).

Potremmo ricordare ad esempio che Maran perse la sfida con Francesco La Forgia per il ruolo di coordinatore dei circoli milanesi. Il curriculum del neo assessore ai trasporti è quello di un ragazzo che fa politica e non quello di un peones mandato allo sbaraglio da burattinai vari. Certo: il sospetto che vi sia un legame tra un Penati interessato al business dei trasporti e un Maran assessore ai trasporti è lecito. Ma è lecita anche un'altra interpretazione, e cioè che, a fronte di un sindaco interessato a formare una "squadra aperta alla società civile", il Partito democratico (vero vincitore della competizione elettorale) fosse interessato a tenere per sé determinate deleghe (i trasporti, il verde, la sicurezza, le politiche sociali), che in una giunta comunale sono la cartina di tornasole della politica di giunta, più di altre. E perché un esponente della corrente del segretario nazionale del Pd non dovrebbe avere la delega ai trasporti?

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