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Politica Castello / Piazzale Luigi Cadorna

Nessuno Tocchi Milano: oltre le aspettative. E c'erano anche cittadini di centrodestra

Come era facile immaginare, all'orgoglio civico hanno risposto in tanti. Anche non di sinistra. Quello che i partiti di centrodestra non hanno capito

Hanno rifatto, a ritroso, il percorso della devastazione. Da piazzale Cadorna lungo via Carducci, poi via De Amicis, fino alla Darsena. In ventimila. La risposta simbolica è arrivata, nello slogan "Nessuno Tocchi Milano" si sono riconosciuti in tanti. Piazzale Cadorna era stracolma. "Salvini venga con noi a pulire la città", aveva chiesto il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, subito dopo le polemiche. Già, perché non erano passate molte ore dall'idea di questa manifestazione che, da parte di Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia, s'erano scatenati i "distinguo".

Con il risultato che a Milano scenderà in piazza, lunedì 4 maggio, anche il centrodestra: la Lega alle 18 a Palazzo Marino, Fi e Fdi alle 19 davanti al Bar Magenta, poi tutt'e tre insieme per una fiaccolata. Ma con un obiettivo molto diverso: la critica al Pd, a Pisapia e al centrosinistra rei di "coccolare" i centri sociali responsabili del "brodo di coltura" da cui - nel corteo della May Day Parade - sono sorti i black bloc. 

Non sfugge la diversa prospettiva. Da una parte una protesta di orgoglio civico indirizzata a chi, per manifestare una sua opposizione all'Expo, mette parte di città a ferro e a fuoco. Dall'altra, la ricerca (non importa se corretta o no) di responsabilità politiche. In astratto, un cittadino di centrodestra avrebbe potuto partecipare sia a "Nessuno Tocchi Milano" sia alle manifestazioni del 4 maggio dei suoi partiti di riferimento.

In concreto, siamo certi che molti elettori di centrodestra e molti "Expo ottimisti" (battibecchi compresi) erano in piazzale Cadorna per "Nessuno Tocchi Milano". A dimostrazione - nei fatti - che l'orgoglio appartiene a tutti. E che quindi non è vero (come probabilmente alcuni pensano) che chi ha partecipato lo ha fatto necessariamente da "schierato" per Pisapia. 

Milano aveva già vissuto una giornata simile nel 2012, all'indomani della bomba davanti alla scuola di Brindisi. L'invito, in quel caso, era partito ufficialmente da tre esponenti politici di centrosinistra, ma davanti a Palazzo Marino c'erano l'allora presidente della provincia Guido Podestà (Pdl) e il presidente del consiglio comunale Basilio Rizzo (Rifondazione), insieme. Il pidiellino Bruno Dapei accanto al piddino Pierfrancesco Majorino. Eccetera. Si dirà: totalmente diverso. Una ragazza morta per un episodio che, di politico, non aveva niente. D'accordo, due cose diverse.

Ma il paragone può starci. Perché di orgoglio e riscossa civica si tratta. La città ferita merita una risposta dalla città. Non da una sua parte, per di più una sua parte politica. Non possiamo sapere com'è andata, esattamente, tra coordinatori di partiti il primo maggio, mentre Milano bruciava e sui social network qualcuno lanciava l'idea. Di sicuro si sono parlati. I numeri ce li hanno.

Può darsi che non si siano 'trovati' su dettagli, può darsi che qualcuno abbia avuto remore a 'mischiarsi' ai 'nemici' temendo che gli elettori non avrebbero capito: le elezioni comunali del 2016 incombono. L'effetto 'pubblico', quello dei comunicati, è stato però palese. Il centrodestra si è scagliato contro Pisapia che voleva regolarizzare il Leoncavallo (c'è da precisarlo: la prima idea in tal senso la ebbe Albertini, sindaco di centrodestra). E ha lasciato la piazza al centrosinistra. Con un'unica eccezione, quella di Manfredi Palmeri del Polo dei Milanesi, che infatti nella serata di domenica, pru ribadendo di aspettarsi "fatti concreti" e "prese di distanze anche da chi non isola i violenti in modo netto", ha parlato di "spinta convinta e partecipata della città, che ha reagito con impegno e orgoglio alle devastazioni dei teppisti".

Ma, lo ribadiamo, tra i 20 mila di domenica 3 maggio c'erano anche tanti moderati, che probabilmente avevano votato per Letizia Moratti anche nel 2011. Senza bandiere, perché c'è di mezzo Milano. C'è di mezzo l'Expo, c'è di mezzo l'immagine della città. C'è di mezzo la voglia di sottolineare, semmai ce ne fosse bisogno, che siamo più forti e più numerosi di cinquecento assaltatori ciechi. Che non ci facciamo intimidire da loro. Che non ci possono fare tacere. Che la legittima critica all'operato del sindaco può avere luogo in un altro momento. E che però, se c'è un momento in cui il sindaco può, deve, rappresentare tutti, questo era il momento. Chi lo ha capito c'era. Anche tra i moderati. 

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