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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Piazza Fontana, 42 anni di polemiche e veleni. Non c'è pace (neanche) per i morti

Podestà cacciato e quasi malmenato. Le stilettate tra consiglieri comunali, le criticate "amnesie" del sindaco. I dubbi, le mancanze, i colpevoli immaginari e non. Ecco perchè non c'è pace per 17 innocenti

Piazza Fontana unisce e divide. Come sempre dal '69. E anche mentre unisce, non può farlo completamente. A spiegarlo molto bene è Luca Gibillini, consigliere comunale di Sinistra e libertà, sulla sua pagina Facebook: "Piazza Fontana. Consiglio comunale dedicato: bellissime parole del nostro sindaco, che chiede con forza la verità e giustizia. Unico neo: nell'ordine del giorno votato per mettere d'accordo tutti è stato scritto che il '69 è l'inizio della stagione del terrorismo. Non è vero. È stato l'inizio della strategia del terrore. Di stato. Così non si fa un buon servizio alla memoria".

Passa un'ora, e a Guido Podestà viene di fatto impedito di partecipare alla commemorazione in piazza. "Scene vergognose dopo l'ottimo lavoro in aula", commenta Carmela Rozza. Ma anche il lavoro in aula ha provocato, in realtà, dei "distinguo".

Tutto è partito dal discorso del sindaco. Pisapia ha voluto focalizzarsi esclusivamente sulla strage come momento di stacco, definendola "il nostro 11 settembre", ne ha ricordato il boato (si trovava, ventenne e studente universitario, alla biblioteca Sormani, lì vicino) e poi le "accuse a uomini innocenti, i depistaggi, le difficoltà nelle indagini, le colpe a chi non c'entrava". Le polemiche successive ruotano intorno a questo riferimento: le colpe a chi non c'entrava. Sembra palese che il sindaco si riferisse a Giuseppe Tinelli e Pietro Valpreda. Il primo, subito fermato, interrogato per tre giorni, morì in circostanze che ancora dividono (il classico "fu suicidato"), pur se la verità processuale è ormai storia (morte accidentale).

Il secondo, fermato dopo la morte di Tinelli, rimase più di mille giorni in carcere preventivo ma si provò che non c'entrava niente. Il consigliere del Pdl De Corato e quello di Fli Palmeri lamentano immediatamente l'assenza di un riferimento al commissario Calabresi, per molti il responsabile "morale" della morte di Pinelli fino al punto che, per questo, venne ucciso in un attentato davanti a casa nel 1972.

Il fatto che Pisapia abbia omesso qualunque parola su Calabresi è, per Palmeri, "un vulnus inaspettato che indebolisce anziché rafforzare la memoria e la condivisione", sanato dal fatto che i capigruppo anche di maggioranza l'hanno invece citato, eccezion fatta per la Federazione della sinistra. "Non ho voluto fare un discorso generale sulla notte della Repubblica", ha spiegato poi in serata Pisapia. Ma un Undici Settembre simbolico presuppone un "prima" e un "dopo". Ed è evidente che se c'è stato un caso-Pinelli c'è stato - di conseguenza - anche un caso-Calabresi. Su cui, però, la memoria non è ancora condivisa.

Strage piazza Fontana, contestato Podestà © Rovellini/MilanoToday

Basterebbe leggere le pagine appassionate che solo un figlio può scrivere (Mario, in questo caso, direttore de La Stampa, in "Spingendo la notte più in là") e la sua pietosa difesa del padre bersagliato da vivo e da morto per capire le difficoltà con cui un sindaco di sinistra si trova a dover convivere nel fare un discorso su piazza Fontana. Cinicamente si potrebbe concludere che Pisapia ha - almeno - altri quattro tentativi per affinare i dettagli di piazza Fontana. Dalla strage, intanto, sono passati 42 anni. Milano è profondamente mutata, nel lavoro, negli stili di vita, nella mentalità e anche nella politica. Se ai politici si può chiedere qualcosa in un giorno di ricordo, è di non restare aggrappati alle tifoserie di squadre che non esistono più. Il fine ultimo di questo ricordo è ricordarsi che oggi siamo un po' più liberi che negli anni '70. Tutti. Che cosa ci manca per essere liberi di ricordare compiutamente e completamente?

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