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Giovedì, 28 Marzo 2024
Politica

Sala condannato: «Riferirò in consiglio, vado avanti». E Salvini lo sostiene

Il sindaco di Milano, condannato per la piastra Expo, intende andare avanti

Si sono incontrati al villaggio di Coldiretti in piazza Castello il sindaco di Milano Beppe Sala e il ministro dell'Interno Matteo Salvini. E, con una stretta di mano, il ministro ha confermato il sostegno al sindaco (nonostante le divergenze politiche) per la sentenza con cui Sala è stato condannato in primo grado, venerdì, a 6 mesi di reclusione (convertiti con una multa di 45 mila euro) per avere retrodatato due verbali di commissione per la gara della piastra dei servizi di Expo 2015, con le attenuanti generiche e quella per avere agito per un «alto valore sociale». 

E il sindaco ha promesso che lunedì 8 luglio riferirà in consiglio comunale. Meno amareggiato di venerdì, Sala ha confermato che andrà avanti a fare il sindaco almeno fino alla fine del mandato. A incoraggiarlo anche il Comitato per la legalità e la trasparenza del Comune di Milano, al cui vertice c'è l'ex pm Gherardo Colombo, che ritiene che Sala possa tranquillamente proseguire nell'attività di primo cittadino.

Le reazioni, tra richieste di dimissioni e inviti a proseguire

Immediatamente dopo la sentenza, il mondo politico aveva reagito in modo variegato. Se i suoi assessori, il Partito Democratico e anche Forza Italia hanno sostenuto subito Sala, dalla Lega e dal Movimento 5 Stelle sono arrivate le richieste di dimissioni. «Milano non si merita un sindaco accusato di falso materiale e ideologico né tantomeno un sindaco su cui pende la spada di Damocle di una condanna! Chiediamo a Sala di venire a riferire lunedì in consiglio comunale e poi di dimettersi», aveva dichiarato Simone Sollazzo (M5S). Alessandro Morelli, deputato della Lega e capogruppo a Palazzo Marino, su Facebook aveva soltanto scritto che «Milano non si merita questo». Un altro deputato leghista, Paolo Grimoldi, dopo avere premesso di essere garantista e che si tratta solo di una sentenza di primo grado aveva aggiunto: «Rifletta Sala sul danno di immagine che questa condanna inevitabilmente produce su Milano in ottica olimpica e in ottica internazionale. Un suo passo indietro non sarebbe più opportuno a questo punto?».

Scontato il sostegno del centrosinistra (dagli assessori di giunta agli esponenti del Pd e anche di Anita Pirovano di Milano Progressista), a Sala è arrivato l'invito a proseguire anche da Forza Italia e dai centristi di Milano Popolare. Poi, in serata, la dichiarazione "spiazzante" di Salvini, di segno opposto a quelle dei suoi compagni di partito, con cui il ministro (e per tanti anni consigliere comunale a Milano) ha espresso rammarico e ha commentato: «Da milanese resto orgoglioso di come è stato gestito Expo. Non c'è niente da festeggiare perché avanti di questo passo non troveremo più neanche un cittadino italiano disponibile a fare il sindaco, il governatore, l'assessore, il consigliere o il ministro perché se firmi la riga sbagliata sul modulo sbagliato sei automaticamente inquisito». 

Al villaggio Coldiretti, Sala non ha voluto dilungarsi sulla strategia, rimandando la questione ai suoi avvocati. Prima di tutto va letto il dispositivo della sentenza, poi ha comunque ipotizzato un ricorso in appello. E ha insistito nel dire che per la ricandidatura al secondo mandato è presto. Da tempo Sala ripete che se ne parlerà a settembre 2020, mentre venerdì, dopo la sentenza, a caldo aveva fatto intendere che con tutta probabilità non si sarebbe ricandidato. 

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