Sala: «I partiti che accettano il saluto romano non devono avere spazio politico a Milano»
Il sindaco lo ha detto durante la commemorazione della Shoah domenica 31 gennaio
Durissima posizione del sindaco di Milano Beppe Sala sui saluti romani da parte di esponenti politici. Durane la commemorazione del Giorno della Memoria domenica 31 gennaio al Memoriale della Shoah, presso il Binario 21 della Stazione Centrale, Sala ha dichiarato che si batterà «con tutte le forze per far sì che tutte quelle forze politiche che accettano al loro interno persone che fanno saluti romani in luoghi sacri, come i consigli comunali, non abbiano spazio a Milano».
«Lo dico con grande determinazione perché è per questo che faccio politica», ha aggiunto Sala, che poi ha parlato in generale del ventennio: «Avere un po’ di anni mi ha portato ad avere un padre e un nonno che mi hanno ricordato cos'è il fascismo. Fare memoria è qualcosa di fondamentale. Questo luogo ha questo senso, la memoria fondamentale per il futuro. È un luogo di riscatto per Milano perché il fascismo è nato qui, i pericoli non sono finiti».
Al Memoriale, con il sindaco, la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz. «Sentivamo le urla e le grida in italiano», ha raccontato riferendosi ai fascisti connazionali che aiutavano i tedeschi. «Erano i nostri fratelli. Quando ci hanno spinto nei vagoni e sigillati, ognuno piangeva con le lacrime dell’altro. Il giorno dopo ero già una ragazza vecchia che cercava di non sentire e non vedere. Cominciavo a cercare di sottrarmi alla disperazione e cercavo di avere quella forza che hanno gli adolescenti, che sono fortissimi e possono cambiare il destino loro e dei loro genitori spesso deboli».
Il saluto romano dei consiglieri comunali
Il riferimento lampante del sindaco di Milano è a quanto avvenuto a Cogoleto (Genova) durante un consiglio comunale che si è tenuto il 27 gennaio, Giorno della Memoria. In quella occasione, tre consiglieri di minoranza (Valeria Amadei, Francesco Biamonti e Mauro Siri) hanno espresso i loro voti sulle delibere non semplicemente alzando la mano ma facendo il saluto romano. Un gesto che ha avuto eco in tutta Italia. E la procura di Genova ha indagato i tre per violazione della Legge Mancino che, all'articolo 2, punisce «chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi» che discriminano.