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Parisi continua a parlare da leader del centrodestra. I malumori

La Russa e Santanché stoppano l'ex candidato sindaco: "Il suo modello ha fallito"

Nel centrodestra si sente l'effetto della "bomba Parisi", inteso come Stefano, ex manager e imprenditore, ma soprattutto candidato sindaco di Milano. Parisi - dopo una rimonta obiettivamente notevole rispetto ai dati di partenza - è arrivato ad una incollatura da Giuseppe Sala al primo turno. Ma Sala ha poi stretto un accordo con i Radicali, che è stato determinante per fargli allungare la distanza al secondo turno e vincere la sfida di Palazzo Marino. 

Dal giorno dopo le elezioni è stato chiaro che Parisi ambisse ad un ruolo diverso da "capo dell'opposizione" a Milano. E lui stesso in una intervista a "La Stampa", ad un mese dal ballottaggio, ha chiarito i suoi obiettivi: la riproposizione di un "modello Milano" in chiave nazionale, tenendo insieme gli estremi dell'alleanza (Lega Nord e Fratelli d'Italia) ma recuperando saldamente l'area di centro, liberal-popolare, che in molte parti del Paese se n'è andata.

Parisi ha avuto modo di riproporre il suo pensiero sabato 23 luglio, alla Summer School di Taormina, ospite di una fondazione di Maurizio Lupi. E ancora una volta ha parlato da leader nazionale del centrodestra, ponendosi "terzo" rispetto a centrosinistra e 5 Stelle da un lato e all'ala estrema del suo stesso schieramento dall'altro. "Sull'immigrazione, ad esempio, c'è un modo di rispondere al problema dicendo che non esiste. Cè poi un centrodestra 'storico' che dice 'o ruspe o niente'. Dobbiamo invece dire che se gli immigrati vogliono diventare italiani a tutti gli effetti noi siamo aperti, ma devono rispettare regole e basi culturali", ha argomentato Parisi su un tema obiettivamente 'divisivo'.

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