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Striscione choc contro Cappato davanti al Tribunale: "Suicidio assistito = omicidio"

Ma lui la prende con ironia: "In galera troverei tante persone che preferisco a loro". Per Cappato i pm milanesi hanno chiesto l'archiviazione per il caso di dj Fabo

"Suicidio assistito uguale omicidio". Così un anonimo striscione apparso il 9 maggio, di mattina, davanti al Tribunale di Milano in corso di Porta Vittoria: e poi la postilla, "Cappato in galera". Riferimento palese alla vicenda di dj Fabo, ovvero Fabiano Antonani, che Cappato (tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni ed esponente dei Radicali) ha accompagnato in Svizzera per il suicidio assistito in una clinica.

«Ai leoni da striscione anonimo rispondo che in #galera troverei certamente tante persone che preferisco a loro. #FaboLibero l#liberifinoallafine», ha replicato su Instagram lo stesso Cappato, postando la fotografia che pubblichiamo anche noi. E i due avvocati Mirko Mazzali (Sinistra x Milano, presidente del consiglio di Municipio 1) e Alessandro Giugni (Pd, ex consigliere comunale) hanno sottolineato lo «strafalcione giuridico», perché ovviamente dal punto di vista del codice penale l'omicidio è una cosa ben diversa dal suicidio assistito.

Cappato, dopo il viaggio, si era recato in una caserma dei carabinieri per autodenunciarsi e su di lui era stata aperta un'indagine per aiuto al suicidio, ma il pm Tiziana Siciliano ha depositato la richiesta d'archiviazione. Deciderà poi il gip. 

Lo striscione è stato preso con ironia dai Radicali di Milano. Barbara Bonvicini, segretaria dell'Associazione Enzo Tortora, ha postato su Facebook la fotografia di una scritta su un muro di Milano («la gioventù più bella morì in galera», che riprende un verso della nota canzone popolare "Porta Romana Bella") e il commento: «Chi di paternalismo ferisce, di ironia perisce». E il proflio Facebook della "Tortora" ha condiviso il post di Lercio: «Marco Cappato prenota un weekend in Svizzera con la moglie ma lei non si fida», con il commento: «Meglio riderci su insieme a Lercio».

La richiesta di archiviazione è stata definita «epocale» dall'Associazione Luca Coscioni, perché presuppone che il «principio di dignità umana» derivi da una fonte sovraordinata come la Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo, leggendo la quale non si ricava che il "diritto alla vita" sia sempre e comunque "indisponibile" al soggetto. Di conseguenza anche il diritto alla vita è «bilanciabile con altri diritti e può essere sacrificato laddove siano individuati prevalenti interessi che con esso confliggono», si legge nella richiesta di archiviazione, se la situazione di malattia è «gravida di sofferenze» o «ritenuta intollerabile o indegna dal malato stesso».

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