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Corruzione e tangenti nella sanità: reazioni all'arresto del leghista Rizzi

Le opposizioni: "Tutti a casa, Maroni ha dato fiducia a persone coinvolte in inchieste". Il governatore: "Ci costituiamo parte civile. Deluso per il rapporto personale con Rizzi"

Il presidente della regione Lombardia Roberto Maroni si è detto "incazzato e deluso" per l'operazione "Smile", su presunte corruzioni legate a servizi odontoiatrici in outsourcing nella sanità lombarda, che ha coinvolto 21 persone tra cui il suo fedelissimo Fabio Rizzi, consigliere regionale della Lega Nord, varesino come lui. «La regione è infangata: ci costituiremo parte civile», ha annunciato il governatore, senza nascondere la sua delusione anche umana nei confronti di Rizzi.

Dalle opposizioni la richiesta di dimissioni della giunta. Così ad esempio il Movimento 5 Stelle, secondo cui «i veri offesi e umiliati sono i lombardi», come ha detto Stefano Buffagni, capogruppo al Pirellone. 

«Lei si era presentato con la ramazza verde», ha parlato Umberto Ambrosoli, del Patto Civico, riferendosi a quando Maroni guidò la "rivolta della base", simboleggiata dalle scope, contro l'allora leader della Lega Nord Umberto Bossi: «Ma mi permetta di dire che la ramazza verde non la sa usare». E poi l'affondo: «Lei è molto vicino a Fabio Rizzi. Scaricarlo oggi non risolve nulla. L'istituzione è infangata. Nell'arco di questa legislatura, persone a cui lei ha attribuito fiducia sono finite a più riprese nella cronaca giudiziaria». Chiaro il riferimento a Mario Mantovani, ex assessore alla sanità ed ex vice in giunta di Maroni. 

«Se è un problema di persone, allora andiamocene tutti e lasciamo ad altri il compito di portare avanti la regione», ha tuonato Enrico Brambilla del Partito democratico.

Dalla maggioranza difendono, invece, Maroni e la giunta. Così Riccardo De Corato di Fratelli d'Italia: «Autogol delle opposizini, mentre Maroni, venendo a riferire subito in consiglio, ha segnato un passo avanti. E' un problema giudiziario e non politico, la riforma sanitaria non c'entra niente perché non è nemmeno ancora entrata nelle sue funzioni. Maroni ha messo tutti gli anticorpi che poteva mettere, ha dato i poteri a un generale della guardia di finanza, Mario Forchetti, per fare controlli minuziosi». 

«Veniamo infangati tutti noi che proveniamo dalla società civile», ha affermato Stefano Bruno Galli, docente universitario e capogruppo della lista Maroni Presidente. «La riforma offre tutti gli srumenti per inasprire con severità e senza incertezze i controlli. Ma va affrontato il problema culturale della corruzione, che riguarda la politica come gli apparati burocratico-amministrativi e il sistema d'impresa».

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