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I centri antiviolenza alla Regione: «Non obbligateci a schedare le donne»

La protesta di una quindicina di "Cav" lombardi davanti al palazzo della Regione contro l'istituzione dell'Albo apposito

Oltre tremila le firme, in pochi giorni, ad un appello lanciato online da più di quindici centri antiviolenza della Lombardia per protestare contro una iniziativa regionale che, secondo i promotori della raccolta firme, minerebbe alla sicurezza delle donne che si rivolgono a queste strutture.

Secondo i promotori, la Regione Lombardia - istituendo l'Albo regionale dei centri di accoglienza, delle case rifugio e di accoglienza - chiederà di "schedare", per così dire, ogni donna che si rivolge a questi centri e inoltre imporrebbe loro di segnalare alle forze dell'ordine tutti i casi che si presentano, a prescindere dalla volontà della vittima di farlo o non farlo.

"I centri antiviolenza offrono accoglienza, ascolto, auto-aiuto. Non possono essere confusi con luoghi di erogazione di prestazioni o servizi, né le loro pratiche possono essere forzate da automatismi che ne snaturerebbero la funzione e ne ridurrebbero l'efficacia", scrive Cgil Lombardia in una nota di sostegno ai centri antiviolenza. 

"Le giuste esigenze di trasparenza nell'impiego di risorse pubbliche che derivano da stanziamenti devono essere rese compatibili con la garanzia di protezione delle vittime, perché non venga meno la fiducia verso questi luoghi", continua la Cgil. 

I promotori hanno anche organizzato un presidio presso la Regione Lombardia, martedì 12 settembre alle 16. 

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