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"Zingaropoli": Lega e PdL condannati per discriminazione

Il tribunale di Milano sentenzia che il termine fu "gravemente offensivo e umiliante". Respinto invece il ricorso sulla questione della Moschea: "Fu diritto di critica politica"

"Zingaropoli" fu un termine discriminatorio, con valenza "gravemente offensiva e umiliante". Lo ha stabilito un giudice del tribunale di Milano, Orietta Micciché, in relazione allo slogan utilizzato da Lega e Pdl in campagna elettorale nel 2011 contro Pisapia e il centro-sinistra. E' stata l'associazione Naga Onlus (che si occupa di diritti degli immigrati) a intentare la causa in tribunale. E ora è arrivata la sentenza. La "pena", per i due partiti, sarà la pubblicazione ("a caratteri doppi del normale") sul Corriere della Sera dell'intestazione e del dispositivo dell'ordinanza.

Durante la campagna elettorale, sia la Lega (con manifesti) sia il Pdl (citando nel sito web un discorso di Berlusconi) usarono "zingaropoli" per caratterizzare negativamente le idee di Pisapia: secondo i due partiti di centro-destra, la coalizione di Pisapia avrebbe di fatto reso Milano una città (troppo, per loro) tollerante verso nomadi, rom e sinti. Si legge nella sentenza che, col termine "zingaropoli", "i gruppi etnici zingari (rom e sinti) vengono utilizzati come emblema di negatività e pericolo da rifuggire", recuperando "il significato più deteriore e dispregiativo del termine zingaro".

Respinta invece la presunta discriminazione sul fatto che Milano avrebbe avuto "la più grande Moschea d'Europa" e sarebbe diventata la "capitale degli islamici": "Non sono ravvisabili accenti offensivi - scrive il magistrato - verso la comunità islamica", né verrebbe negata la libertà di culto. Semplice libertà di critica politica, dunque, contro l'intendimento di Pisapia di creare una Moschea a Milano.

Non erano bastate due dichiarazioni in consiglio comunale di Matteo Salvini (capogruppo leghista) e Carlo Masseroli (capogruppo del Pdl) a far cessare la causa, nonostante un preventivo accordo in tal senso con la Naga Onlus, perché "non del tutto conformi a quelle concordate con la parte ricorrente". Ironia della sorte, la Micciché si è avvalsa della definizione di discriminazione riportata nel decreto legislativo 215/03, con cui l'allora governo Berlusconi ratificò una direttiva CE sulla parità di trattamento.

Soddisfatto Pietro Massarotto, presidente dell'associazione: "Per la prima volta in Italia viene depositato un provvedimento giudiziario che condanna dei partiti politici per discriminazione".

 

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