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Le difficoltà del Made in Italy dopo la pandemia

Lo studio della Fondazione Nazionale dei Commercialisti su circa 2 milioni di imprese

Il Consiglio e la Fondazione Nazionale dei Commercialisti hanno pubblicato il documento “I cluster d’impresa nella fase di ripresa post covid-19”.  Lo studio analizza i dati di nove cluster d’impresa (Agroalimentare, Turismo, Cultura, Moda e accessori, Meccanica, Mare, Sanità, Edilizia e Ambiente) che nel complesso rappresentano circa 2 milioni di imprese, di cui quasi 500 mila società di capitali, e oltre 8 milioni di addetti per un valore aggiunto complessivo che, nel 2020, raggiunge quasi 675 miliardi di euro pari al 48% del sistema economico nazionale. Secondo le elaborazioni dei commercialisti, il Made in Italy è il cluster che, dopo aver pagato il prezzo più alto della crisi economica, paga il prezzo più alto anche in seguito alla pandemia.

La situazione del 2020

Nel 2020, infatti, i cinque cluster che compongono il Made in Italy, e cioè Agroalimentare, Turismo, Cultura, Moda-accessori e Meccanica, hanno perso il 18,7% di valore aggiunto prodotto contro il -10,6% di media del totale Cluster e il -8,6% dell’intera economia. Rispetto al 2019, il Made in Italy perde quasi quattro punti di quota passando dal 20,2% al 16,4%. Nel complesso, invece, i cluster perdono il 10,6% sul 2019 e la loro quota passa dal 48,6% al 47,5% facendo registrare una perdita di 1,1 punti percentuali.  

Il valore perso

Rispetto al 2007, anno pre-crisi economico-finanziaria, le imprese dei Cluster hanno perso il 16% di valore aggiunto prodotto rispetto al -11,3% dell’intera economia. Al netto della crisi Covid-19, le stesse aziende, rispetto al 2007, avevano subito un calo del valore aggiunto del 6%, superiore a quello medio dell’intera economia pari a -3%. È evidente come la crisi Covid-19 abbia avuto un impatto molto forte sui Cluster produttivi esaminati nello studio dei commercialisti e si sia aggiunto agli effetti già molto negativi delle due crisi precedenti, relative al 2008 e 2011.

Dallo studio emerge inoltre come sono appena 4.665 le imprese esportatrici che superano la soglia di 15 milioni di euro di valore esportato e che, insieme, coprono il 76% del valore esportato totale.  

Tra gli altri temi esaminati dal documento c’è anche quello delle risorse stanziate dal PNRR, con un focus su quelle che hanno un impatto diretto sui Cluster d’Impresa. Si tratta di poco più di 80 miliardi di euro rispetto ai 221 miliardi di euro totalmente stanziati tra Recovery Found, altri fondi speciali Ue e Fondo complementare.   

Lo studio dei commercialisti presenta anche un’analisi sulle misure per il rafforzamento patrimoniale delle imprese alla luce degli interventi emergenziali attuati nel dopo Covid-19 per fronteggiare le turbolenze del mercato e gli effetti del lockdown. Inoltre, si chiede al governo di assumere quali prioritari gli interventi per il rilancio delle ZES e delle ZLS e dei cluster tecnologici. Infine, un forte richiamo viene espresso in tema di rilancio e rafforzamento delle misure per l’internazionalizzazione delle PMI con particolare riguardo alle misure di incentivazione delle aggregazioni tra imprese.  

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