L’odissea dei tamponi al San Paolo
Sono una mamma. Un figlio minore che presenta contemporaneamente 3 sintomi tipici del CoviD-19 –e di qualsiasi altra forma influenzale meno aggressiva– impone un confronto con il pediatra. Pediatra che si attiene giustamente alle linee guida, e che invita al test di positività al Coronavirus tramite tampone. Da qui in poi é possibile toccare con mano tutti i limiti organizzativi e gestionali del modello Lombardia e, nello specifico, della gestione milanese di questa fase della pandemia. Martedì 22 settembre, all’alba, siamo in coda per il drive through. Il piccolo fortunatamente non ha più la febbre e sta decisamente meglio. Alle 6:50, con un bambino di 36 mesi in auto, siamo la settima macchina di una lunghissima fila che occupa le strade di fronte al San Paolo. Alle 8:00, puntualmente, aprono i cancelli. Alle 8:54 il bambino, dopo due ore chiuse in auto, viene sottoposto al tampone. Due ore per sette auto? Era finito il toner della stampante nel tendone laboratorio. “Domani mattina verrete contattati per il risultato. Il bambino é in quarantena fiduciaria”. Quindi a turno anche i genitori. Passa un giorno. Nulla. Al secondo giorno provo a contattare il centralino del San Paolo. Nulla. Non rispondono. Attese di mezz’ora al telefono che finiscono in nulla. Controllo il fascicolo sanitario elettronico di tutta la famiglia. I risultati del piccolo non sono stati caricati a nessuno. Arriva il venerdì. Chiamo ATS. Nessuno risponde. Riprovo col centralino del San Paolo. Dopo vari tentativi, un impiegato mi risponde e mi passa la direzione sanitaria che mi mette in attesa. Una nuova voce mi chiede nome e cognome del bambino. Sì, i risultati ci sono. No, non posso darglieli. No, non sappiamo perché non siete stati contattati. No, non sappiamo se verranno caricati sul fascicolo sanitario elettronico. No, se non vi chiamano non potete passare a ritirare i risultati cartacei. E intanto, a questo bambino, stiamo negando un’altra settimana di socialità dopo i mesi del lockdown. Complimenti a tutti. Ovviamente noi, come tutti i genitori che abbiamo sentito in questi giorni e che sono passati per questa assurda trafila, la prossima volta ci rivolgeremo alla sanità privata (forse questo é il vero obiettivo della gestione attuale) o, più semplicemente, eviteremo test e metteremo a tacere la nostra coscienza civica.