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Milano, proteste contro il golpe militare in Birmania: "Pagano i bambini per bruciare le case dei dissidenti". Video

Decine di esuli del Myanmar sono scesi in piazza per chiedere la liberazione della premio Nobel Aung San Suu Kyi, arrestata dopo il colpo di stato dello scorso 1 febbraio

Arresti, maltrattamenti in carcere e pesino il divieto di accedere a internet. È quanto denunciano gli esuli ed emigranti provenienti dalla Birmania, il paese del sudest asiatico protagonista, lo scorso 1 febbraio, di un golpe che ha riportato il potere nelle mani dei militari. Una dittatura, quella in Myanmar, interrotta solamente per un breve periodo, dal 2012 al 2021 appunto, grazie alla vittoria elettorale dell'attivista per i diritti umani e premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, arrestata pochi giorni dopo il colpo di stato.

"I militari hanno le armi, noi non abbiamo niente, nemmeno i diritti civili - raccontano gli esuli riuniti martedì 16 febbraio in piazza della Scala - La giunta dei generali sta di proposito scarcerando i detenuti per mandarli nei villaggi a creare disordini e terrorizzare la popolazione. Ci è stata data notizia di bambini pagati dai militari per appiccare incendi alle case dei dissidenti. Persino internet è vietato, e i ragazzi, che attraverso connessioni criptate riescono a fare trapelare all'estero video e materiale riguardante la repressione, rischiano fino a 7 anni di carcere. È una situazione gravissima. Chiediamo l'immediata liberazione della nostra leader Aung San Suu Kyi, eletta liberamente dal popolo, e la fine della dittatura dei generali".

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