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Coronavirus, prima sera di coprifuoco tra paura e locali deserti a Milano: "Così chiudiamo"

Navigli deserti lunedì: bar chiusi e ristoranti vuoti. E i titolari lanciano il grido d'allarme

La saracinesca al civico 44 è giù. Sulla porta, dietro la serranda, c'è un foglio di carta scritto a mano: "Chiuso dal 24/2 al 1/3 compresi. Salvo successive disposizioni della regione Lombardia". Non c'è nessuna indicazione oraria: la cler resterà abbassata a tutte le ore, tutti i giorni. Attorno non c'è praticamente nessuno. Di tanto in tanto passa qualche ragazzo che si allena correndo o qualche turista, rigorosamente con la mascherina sul volto a coprire la bocca. I tavoli sistemati sul pavé sono apparecchiati, ma desolatamente vuoti, mettono quasi un senso di tristezza, di angoscia. 

Le istantanee scattate lunedì sera sui Navigli a Milano sono così: tristi, vuote. Sono "Polaroid" che non sfiorano neanche la folla e il caos di quella "Milano da Bere" che in Ripa di Porta Ticinese ha sempre trovato una delle sue espressioni più forti e più giovani. 

Era lunedì certo - anche se i commercianti della zona giurano di non aver mai vissuto un lunedì così -, ma soprattutto era il primo giorno di "coprifuoco" imposto dall'ordinanza di regione Lombardia emanata per "contenere" - la parola d'ordine è quella - l'emergenza Coronavirus, che in regione ha causato oltre 170 contagi e sei decessi. 

Tra divieti e paura

Quindi bar chiusi dalle 18 fino alle 6 del mattino, mentre sono salvi i ristoranti - e tutti i locali con licenza di ristorazione - che sono stati autorizzati a lavorare fino alle 2 della notte, pur prendendo "misure per evitare gli assembramenti". 

"Salvi", almeno sulla carta. Perché in realtà lunedì sera il coprifuoco, misto alla psicosi e alla paura, ha lettralmente svuotato i Navigli. I ristoranti sono tutti vuoti, i pub che offrono l'happy hour con aperitivo anche, nelle pizzerie scene identiche e in giro non c'è quasi nessuno. "Lunedì scorso, in una settimana normale, non c'era neanche un posto a sedere", dice la responsabile di una hamburgeria che, insieme ai quattro dipendenti presenti, non ha servito neanche un panino. 

"Forse è meglio chiudere"

"Va così, guardate qua il ristorante, è vuoto", le fa eco il responsabile di un locale. "È così, l'ordinanza ci consente di restare aperti ma la gente ha paura e questo è il risultato". Qualche titolare ha mandato i dipendenti in ferie per cercare di contenere le spese perché l'altro lato della medaglia di psicosi e panico è quello delle perdite economiche per chi ha un'attività. 

I dati forniti dai ristoratori mettono i brividi: 40%, 60%, 90%, tutti numeri seguiti dalle parole "in meno". E così in tanti riflettono ad alta voce, con tanta amarezza: "Forse a questo punto è meglio chiudere". 

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