"La pietà di Rogoredo" al bosco della droga: "Qui è tutto lontano da occhi benpensanti"
Un "tossicodipendente nei panni di Gesù". E "l'Italia al posto della Madonna". È forte, molto forte, la nuova opera di Cristina Donati Meyer, la street artist milanese che nei mesi scorsi aveva già "colpito" il ministro dell'Interno, Matteo Salvini.
Mercoledì, per la sua nuova installazione la Meyer ha scelto il boschetto della droga di Rogoredo, una delle più grandi piazze di spaccio di tutta Europa. Lì, l'artista ha affisso la sua personalissima "La Pietà di Rogoredo", ispirata a quella di Michelangelo.
"L’opera reinterpreta la “Pietà” di Michelangelo, con un tossicodipendente nei panni di Gesù e l’Italia al posto della Madonna. Il tossicodipendente-Gesù ha una siringa infilata nel braccio, un laccio emostatico e un cagnolino ai piedi. L’Italia-Madonna con l’italica corona a cingerle la testa, guarda sconsolata il proprio figlio, con compassione ma senza nulla poter fare - le parole della Meyer -. Il passaggio continuo di giovani e giovanissimi alla ricerca della dose o pronti a prostituirsi è come un girone dantesco dal flusso continuo. A nulla servono i blitz polizieschi settimanali, i fermi dei tossicodipendenti all’uscita dal bosco, i muri costruiti, le operazioni di immagine volute e ordite da Prefettura e Comune di Milano. I figli di Milano continuano ininterrottamente a frequentare, ad ogni ora del giorno e della notte, il bosco della droga".
Dietro quel disegno si nasconde quindi una denuncia. "Milano e le sue istituzioni, il Ministero dell’Interno, non sanno offrire alcuna alternativa se non quella della occasionale repressione - la teoria dell'artista -. Il muro, da poco realizzato lungo la ferrovia, servirà soltanto ad impedire un passaggio e ad occultare agli occhi dei passanti l’oscena visione. In campo non è stata posta alcuna politica di riduzione del danno o di disincentivo, nessuna educativa di strada, nessun presidio sanitario, nessun consultorio ambulante. Così i tossici si passano siringhe e patologie, utilizzando acqua contaminata, molte ragazzine si prostituiscono per una dosa, il tutto lontano da occhi benpensanti e senza infastidire l’operosa Milano".
"L’arte - ha concluso la Meyer - non può far finta di nulla, di fronte ai drammi quotidiani, girandosi dall’altra parte o arroccandosi su improbabili torri d’avorio. L’arte che sta a guardare e produce solo opere estetiche, è relegata al ruolo di decorazione".