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Maxi sequestro di vestiti "firmati" falsi in Paolo Sarpi: merce per 1 mln di euro

In Paolo Sarpi, 51mila capi contraffatti, anche Vuitton e Fendi

Maxi sequestro di vestiti contraffatti. La guardia di finanza torinese, nel corso di due vaste operazioni finalizzate al contrasto degli illeciti in materia di contraffazione e falso Made in Italy, ha eseguito nelle scorse ore un sequestro, nel complesso, di oltre 5,3 milioni di articoli presso tre depositi ubicati, rispettivamente, a Milano e nella provincia di Novara.

Il primo intervento si inquadra in un più ampio contesto investigativo, condotto dai Finanzieri del Gruppo Pronto Impiego Torino, che ha preso le mosse da un precedente sequestro, effettuato nelle settimane precedenti presso alcuni store del capoluogo piemontese, quando i Baschi verdi, insospettiti dai prezzi troppo convenienti praticati su alcuni capi di abbigliamento presentati come di alta qualità, hanno accertato che la reale composizione dei tessuti contrassegnati come seta erano, di fatto, in acrilico.

Le successive indagini, coordinate dalla locale Procura della Repubblica, hanno consentito di risalire a tutte le fasi della filiera degli approvvigionamenti e di individuare, a Milano, all’interno del quartiere “Sarpi”, due depositi, gestiti da un imprenditore di origine asiatica, operante nel settore del commercio all’ingrosso di abbigliamento, ove sono stati rinvenuti oltre 51mila capi di abbigliamento falsamente venduti come abito di pregio e riportanti noti marchi della moda del lusso (“Louis Vuitton” e “Fendi”). L’esame dei tessuti, infatti, ha inequivocabilmente rivelato come gli articoli fossero composti in acrilico e non di seta come reclamizzati e posti in vendita. L’imprenditore è stato denunciato all’Autorità giudiziaria per i reati di frode in commercio, contraffazione marchi e ricettazione. I capi di abbigliamento contraffatti, se posti in vendita, avrebbero fruttato un illecito guadagno per oltre 1 milione di euro.

Oltre 5 milioni di accessori di telefonia (power bank, cavi carica batterie, cover, cuffie, auricolari, casse stereo) riportanti segni e simboli tipici del “Made in Italy”, ma in realtà interamente prodotti e successivamente importati dalla Cina, sono stati, invece, sequestrati in due depositi siti nel novarese.

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