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Sesto San Giovanni Sesto San Giovanni / Via Trento

La lettera di un'azienda: "Se arriva la moschea chiudiamo"

Adriano Schiavolin, amministratore delegato della Sinteco, scrive al Corriere della Sera. Un testo dai toni durissimi destinato al sindaco Monica Chittò

Adriano Schiavolin, amministratore della Sinteco, azienda costruttrice di macchine e impianti destinati all'industria alimentare, fa pervenire alla redazione del Corriere della Sera una lettera. Uno scritto di protesta contro la moschea che dovrebbe sorgere a Sesto San Giovanni in via Trento ed indirizzata al sindaco Monica Chittò.

"Caro sindaco - si legge nella lettera - rispetti la legge: in un’area industriale non può andarci una moschea. La zona di via Trento 106 è completamente priva di aree di sosta nelle vicinanze non vi sono collegamenti con mezzi pubblici e il cortile interno, su cui si affacciano gli edifici industriali, è privo di vie di fuga. Il rischio di sovraffollamento e congestione è scontato".

Il rischio, secondo il manager, è con l'apertura della moschea la sua azienda sarà costretta a trasferirsi. "Già in passato - si legge ancora nella missiva - abbiamo subito perdite rilevanti ed abbiamo denunciato gravi problemi di viabilità dovuti all’interferenza con le attività illegali della palazzina rosa. Riteniamo l’insediamento del centro islamico un’ulteriore causa irreversibile di aggravamento della situazione".

L’azienda, in sintesi, chiede di evitare la realizzazione della moschea in via Trento 106, proseguendo col progetto che riguarda l’area pubblica di via Luini.

"Ci auguriamo fermamente - conclude la lettera l’amministratore delegato - che l’area resti esclusivamente a destinazione d’uso produttivo-industriale nel rispetto della normativa vigente e a tutela del decoro, della sicurezza e del buon senso. Tale situazione di disagio e conflitto inducono la mia azienda a gravi riflessioni sulle reali possibilità di un futuro sviluppo produttivo di Sinteco in questo sito». In sostanza l’impresa sarebbe pronta a fare le valigie. E Sesto perderebbe un’altra industria, dopo Pompe Gabbioneta e Marcegaglia, solo per citare le ultime due che hanno trasferito gli stabilimenti".

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