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Fontana verso processo per caso camici. "Io sempre garantista", ha detto Bernardo

Il commento del candidato sindaco del centro destra sul possibile rinvio a giudizio del presidente della Regione, Attilio Fontana

“Io sono sempre e comunque garantista". Questo il commento del candidato sindaco di Milano del centro destra Luca Bernardo ll'esito dell'inchiesta sul caso camici per la quale la procura chiederà il rinvio a giudizio per Fontana e altre quattro persone.

"So che abbiamo delle forze dell’ordine, un’avvocatura e una magistratura che è in grado di dirci cosa è successo - ha proseguito Bernardo - ma garantisti sempre, per la sinistra e per la destra”. 

Fontana verso il rinvio a giusdizio

Chiusa l'inchiesta della procura di Milano sul caso della fornitura di oltre mezzo milione di euro in camici e altri dispositivi di protezione a Regione Lombardia (per il tramite di Aria) da parte di Dama, la società di Andrea Dini, cognato del presidente della giunta Attilio Fontana, durante le prime fasi della pandemia covid nel 2020, su affidamento del 16 aprile di quell'anno.

La procura chiederà il rinvio a giudizio per Fontana e altre quattro persone: lo stesso Dini, FIlippo Bongiovanni (ex direttore generale di Aria), l'ex dirigente della centrale acquisti regionale Carmen Schweigl e un nuovo indagato, Pier Attilio Superti, vice segretario generale della Regione. I cinque rispondono di frode in pubbliche forniture. Sarà invece archiviata l'accusa di turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, che era a carico di Dini e Bongiovanni.

"La notifica (di avviso di conclusione delle indagini, n.d.r.) consentirà di assumere le iniziative previste dalla legge per dare un contributo di chiarezza allo sviluppo dei fatti che così come descritti non corrispondono al vissuto del presidente che non si riconosce nell'articolato capo di imputazione per come è stata ricostruita la vicenda", spiegano gli avvocati Jacopo Pensa e Federico Papa, legali di Fontana, commentando la chiusura delle indagini.

Il caso del bonifico da Fontana al cognato

Secondo la procura vi fu un "accordo collusivo" tra Dini e Fontana per anteporre "l'interesse e la convenienza personali del presidente di Regione Lombardia all'interesse pubblico". La fornitura iniziale avrebbe dovuto essere di 75 mila camici da consegnare alla Regione perché li distribuisse agli ospedali che, in quel momento, non ne avevano. La società Dama ne consegnò però 50 mila trasformando la fornitura in donazione perché, nel frattempo, era emerso il presunto conflitto d'interessi. Il danno alla collettività consisterebbe, secondo la procura, nella mancata fornitura degli altri 25 mila camici, su cui Aria, centrale acquisti regionale, non pretese alcunché dalla società del cognato di Fontana.

Questi, successivamente, tentò di bonificare a Dini 250 mila euro da un conto in Svizzera come parziale 'risarcimento'; ma il bonifico venne bloccato e segnalato alla Banca d'Italia come ogni operazione di ingente valore e quindi ritenuta sospetta. Dalla vicenda del bonifico è scaturita un'ulteriore indagine (a carico di Fontana) per autoriciclaggio, che ora resta 'sospesa' in vista della rogatoria chiesta dai pm alla Svizzera. Il governatore si è sempre difeso non solo dall'accusa relativa alla fornitura ma anche da questa.

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