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Morti al Trivulzio, le famiglie: "No ad archiviazione"

L'associazione Felicita presenterà l'atto di opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura

No all'archiviazione delle indagini sulle numerose morti registrate al Pio Albergo Trivulzio e in altre Rsa durante la prima fase emergenza pandemica nella primavera del 2020. È quanto chiedono le famiglie delle vittime, la cui associazione Felicita, come comunicato in una nota, venerdì 5 novembre depositerà domani l'atto di opposizione alla richiesta della Procura di archiviare.

Secondo i pm di Milano Mauro Clerici e Francesco De Tommasi, titolari dell'inchiesta, non è stato possibile tracciare il percorso dell'infezione da covid "dall'ingresso nella struttura alla diffusione nei diversi reparti". E quanto all'ex direttore generale Giuseppe Calicchio, indagato per epidemia colposa, per i magistrati manca il nesso causale tra i suoi comportamenti e decisioni e la diffusione del virus (e i decessi). Per la responsabilità del Trivulzio come ente, occorreva dimostrare che i reati fossero riconducibili "alla responsabilità dei vertici" e commessi "a vantaggio dell'ente stesso". In particolare, in Lombardia fino a inizio aprile 2020 i tamponi erano raccomandati soltanto sui pazienti con sintomi e in caso di ricovero in ospedale, non per tracciare i contagi.

L'associazione Felicita, rappresentata dall'avvocato Luigi Santangelo e presieduta da Alessandro Azzoni, chiederà al gip Alessandra Cecchelli di valutare l'imputazione coatta per omicidio colposo e epidemia colposa del dg dell'istituto Giuseppe Calicchio, nonché "di valutare di restituire gli atti ai pm per le incontrovertibili violazioni in materia di salute e sicurezza dei lavoratori". 

La richiesta di archiviazione

Sempre secondo i magistrati, l'eccesso di mortalità al Pat per covid (321 morti tra gennaio e aprile 2020) si collocherebbe "in una fascia intermedia", cioè in linea, "rispetto a quanto avvenuto nelle Rsa del Milanese". Ciò, per i pm, significa che non vi sarebbe un 'caso Trivulzio' diverso e peggiore dalla situazione verificatasi nelle residenze per anziani della stessa area geografica. Infine non sono state riscontrate "carenze di assistenza sanitaria" da parte del Pat agli ospiti che sviluppavano la malattia, che possano avere inciso sui contagi.

In ogni caso, in alcuni passaggi della richiesta d'archiviazione, i giudici non sono stati affatto teneri verso i precedenti vertici del Trivulzio e hanno affermato di avere riscontrato "una carenza oggettiva rispetto alle necessità di intervento richieste dal diffondersi dell'infezione, delle misure messe in atto dal Pat nel primo periodo dell'epidemia, ovvero fin verso la fine di marzo 2020, per quanto attiene distribuzione di dpi adeguati, formazione dei dipendenti, tracciamento del contagio, conseguenti provvedimenti di isolamento e contenimento".


 
   

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