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Raffiche di vento a 90 Km/h, poi temporale e "neve tonda": meteo pazzo a Milano

È successo nella notte tra lunedì e martedì, l'analisi del Centro Meteorologico Lombardo

Prima le raffiche di vento fino a 90 chilometri orari che hanno abbattuto alberi, scoperchiato tetti e divelto cartelli pubblicitari. Poi la "neve tonda" (graupeln) mista a pioggia e grandine. È successo nella notte tra lunedì e martedì 26 marzo in alcune zone di Milano, più precisamente intorno tra le 3.30 e le 4 di notte in centro, come ripreso in zona Piazza Vetra dalle telecamere di video-sorveglianza del nostro lettore Danilo. 

Neve tonda a Milano, la spiegazione

La causa delle precipitazioni? Merito della Dry-line favonica, precisano gli esperti del Centro Meteorologico lombardo interpellati da MilanoToday

"Tutto è stato causato dal rientro di aria umida orientale che sempre segue l'avvezione favonica da Nord, vento che è calato di colpo attorno alle 2-3 circa, per ritirarsi sotto la consueta spinta del rientro da Est".

Foto | Immagine radar delle precipitazioni (in rosso scuro grandine e graupeln)

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Il fenomeno si nota nei grafici del Centro Meteorologico lombardo: poco prima delle quattro del mattino gli strumenti hanno registrato un aumento repentino dell'umidità relativa: da poco più del 20% a quasi l'80%. Il motivo? "Una linea di demarcazione estremamente netta che separa due masse d'aria diversissime: quella favonica secca e quella umida che tenta di conquistare la Val Padana dall'Adriatico (venti di Bora). Quando il Foehn ha ceduto la Bora ha preso il sopravvento e ha riempito la pianura come se fosse un calzino". E ciò ha causato il temporale con annesse precipitazioni di "neve tonda" (graipel), pioggia e grandine.

Il fenomeno è tipicamente lombardo e ha un nome preciso: Dry-line e l'ultima volta — il 18 marzo — aveva causato un cielo da Independence Day sul milanese.

La Dry-line "spiegata bene" dal Centro meteorologico Lombardo

Cosa succede quando una massa d'aria fredda impatta le Alpi con traiettoria settentrionale (nord-nord-est in questo caso)? Accade una cosa molto semplice: tutto il blocco d'aria fino a circa 4000m slm resta confinato oltralpe, mentre in medio-alta quota, laddove la barriera alpina nulla può, la parte superiore di questo "lago gelido" continua la sua corsa. L'azione di sbarramento orografico induce venti secchi e miti di caduta (Föhn) nel versante padano, mascherando - almeno inizialmente - il calo termico e inibendo le precipitazioni nel comparto montano e nelle province più occidentali. Per assurdo, l'avvento di un fronte freddo da nord comporta un iniziale rinforzo termico.

Questo effetto "diga" delle Alpi genera quindi un accumulo d'aria fredda (quindi densa, pesante) nei versanti esteri, causando un aumento locale di pressione. Per contro, la Valpadana si trova così ad essere un pozzo da riempire (buca pressoria sottovento). Da dove potremo colmare questa relativa bassa pressione? Semplice: dall'unico settore verso il quale mancano i rilievi, ossia da Est. Dalla Porta della Bora, e via via verso il Veneto, il Mantovano, il Bresciano e quindi le pianure centrali lombarde, prende vita un robusto richiamo orientale al suolo. Aria più fresca e ricca di umidità risale la valle del Po da levante, proprio come fosse una gigantesca onda adriatica. Fin dove risale? Due sono i limiti di questo flusso umido: quello settentrionale, orografico, è naturalmente rappresentato dai primi contrafforti pedemontani. Quello occidentale, invece, rappresenta il margine destro della spinta idraulica dei venti secchi favonici, che tipicamente hanno maggiore facilità di espansione lungo le direttrici orografici disegnate dalle valli del Ticino e dal comparto lariano, dislocate lungo i meridani (asse nord-sud).

Di norma questa linea di frontiera, che separa le terre di conquista del Föhn da quelle occupate dall'Est, oscilla più o meno attorno alla posizione della bassa valle del fiume Adda, alla continua ricerca di un equilibrio tra le due spinte di verso opposto. E' proprio lungo questa superficie di separazione semi-stazionaria (in gergo tecnico "dry line") che vanno a generarsi le eventuali celle temporalesche, favorite da un meccanismo di convergenza dei venti di bassa quota. Essendo che due masse d'aria stanno cercando di impegnare lo stesso spazio nello stesso momento, va da sé che la naturale via di sfogo sia l'espansione delle correnti orientali verso l'alto (moti verticali, convettivi). Celle temporalesche sono altresì possibili in tutto il settore "umido", compatibilmente con la disponibilità di energia (calore) al suolo.

Questo meraviglioso meccanismo è tanto prevedibile nella sua dinamica complessiva quanto imprevedibile nella sua evoluzione spicciola. Talvolta le correnti settentrionali sono sì intense che i fenomeni temporaleschi arretrano fin lungo la valle del fiume Oglio. Altre volte la prevalenza del rientro orientale, agevolato da una spinta traslante da nord-est della struttura in quota, consente uno sconfinamento dei fenomeni fin verso la Brianza, il Milanese centro-orientale ed il Pavese (condizione probabile in questo frangente).

In considerazione dell'abbondante presenza d'aria fredda in quota, in caso di temporali sarà facile osservare la formazione di neve pallottolare (piccole sferette di ghiaccio opaco, che se abbondanti possono imbiancare il suolo con un effetto simile a quello di una leggera grandinata).

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