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Inquinamento, Greenpeace: "Allevamenti intensivi che mettono a rischio salute prendono 120 milioni di fondi europei"

L'associazione ambientalista ha analizzato il database dei finanziamenti europei per l’agricoltura rivelando il paradosso

Si chiama emblematicamente 'Fondi pubblici in pasto ai maiali' l'indagine di Greenpeace sull'inquinamento in Lombardia dovuto agli allevamenti intensivi. "In questa regione - scrive l'associazione ambientalista - sono 168 i comuni (uno su dieci) dove nel 2018 è stato superato il limite legale annuo di azoto per ettaro". Azoto che viene prodotto proprio dalle deiezioni dagli allevamenti. 

Degli oltre 250 milioni di euro che nel 2018 sono stati destinati agli allevamenti della Lombardia, ben 120 milioni (quasi il 45%) sono finiti nei 168 comuni che il Pirellone segnala come territori dove è stato sforato il carico legale di azoto.

La situazione in Lombardia

In Regione, mette in luce la relazione di Greenpeace, si trovano in media 180 suini per chilometro quadrato, quasi un maiale per ogni due abitanti, in totale circa la metà dei suini di tutta Italia. "Stando alla Commissione europea - si legge nel documento - un territorio con una così alta densità di animali è esposto a elevati rischi ambientali"

Arpa Lombardia chiarisce che bisogna porre “attenzione ad alcune pratiche agronomiche collegate agli allevamenti perché favoriscono la disponibilità nel suolo di azoto". L’accesso ai finanziamenti europei, denuncia l'associazione ambientalista, dovrebbe essere subordinato al rispetto da parte degli allevamenti di rigide norme ambientali. Purtroppo però "in Lombardia viene ispezionato solo il 4% degli allevamenti".

Inquinamento e rischi per la salute

"Nell’11% dei comuni lombardi - si legge ancora nella relazione di Greenpeace - il numero dei capi allevati è talmente alto che il limite di legge non viene rispettato". Ma paradossalmente proprio questi comuni 'fuorilegge' - che avendo allevamenti che sforano il limite di azoto mettono a rischio ambiente e salute pubblica - sono stati destinatari di quasi la metà dei fondi pubblici europei per la zootecnica in Regione, un totale di 120 milioni di euro.

“Il limite di 170 chili/ettaro di azoto - continua l'indagine - è superato in gran parte delle aree agricole di pianura delle province di Bergamo e Brescia, nella parte sud occidentale e nord occidentale (al confine con la provincia di Brescia) della provincia di Mantova, nel settore settentrionale della provincia di Cremona e in alcuni comuni della provincia di Lodi".

Superare i limiti di azoto previsti per legge, evidenzia Sabrina Piacentini consulente ambientale per diversi comuni lombardi, e precedentemente parte del pool del Nucleo intervento tutela ambientale (Nita), porta all'inquinamento "dell’aria e del suolo, dove si possono accumulare elementi minerali poco solubili, metalli pesanti e fosforo”, ma si può arrivare anche a una contaminazione “dell’acqua superficiale e della falda con possibile compromissione della potabilità e aumento del grado di eutrofizzazione”. Eppure, è proprio in questi comuni che, secondo l'analisi di Greenpeace, finisce la maggior parte dei finanziamenti europei destinati al settore zootecnico della Lombardia.

"Speriamo in un futuro con meno allevamenti intensivi"

L'auspicio di Greenpeace è che, oltre a intensificare i controlli e rendere trasparente l'erogazione dei sussidi, la Politica Politica agricola comune e le istituzioni puntino a finanziare la transizione degli allevamenti intensivi verso metodi di produzione ecologici, rompendo il tabù dell’aumento della produzione ad ogni costo.

“Moltissime evidenze indicano come per rispettare l’Accordo di Parigi ed evitare il disastro ambientale e climatico - dichiara Federica Ferrario, responsabile Campagna Agricoltura e Progetti Speciali di Greenpeace Italia - sia necessario ridurre drasticamente produzione e consumi di carne e latticini a vantaggio di diete maggiormente basate su prodotti di origine vegetale. È il momento di agire per produrre meno e meglio - conclude Federica Ferrario - in termini di qualità dell’ambiente, del cibo e anche delle condizioni di lavoro del settore agricolo”.

Non fa ben sperare, tuttavia, la votazione dello scorso marzo, quando il Consiglio regionale della Lombardia aveva bocciato l'ordine del giorno, presentato da Michele Usuelli di Più Europa, con il quale si chiedeva di utilizzare i fondi europei non ancora investiti per convertire gli allevamenti intensivi in attività più eco-sostenibili ed eticamente accettabili. "La regione Lombardia preferisce perdere i fondi europei che usarli per convertire gli allevamenti intensivi in attività sostenibili, pur di non dare fastidio all'industria della carne", aveva denunciato la giornalista e conduttrice Giulia Innocenzi sul suo prodilo Facebook

Gli allevamenti intensivi

Questa diffusa forma di allevamento degli animali viene fortemente criticata da molte associazioni ambientaliste per più ragioni. Innanzitutto per quanto riguarda il benessere degli animali, che non viene per nulla tutelato. In secondo luogo per i pericoli che questi rappresentano per la salute dei consumatori, viste le scarse condizioni igieniche in cui sono tenuti i capi e l'ampio utilizzo di antibiotici. E infine per l'incredibile impatto ambientale che hanno sia in termini di utilizzo di risorse (moltissima ad esempio l'acqua necessaria ad alimentarli) che in termini di emissione di gas inquinanti.

"Spazi sovraffollati, luce artificiale, nessuna possibilità di mettere in atto comportamenti naturali: questa è la realtà degli allevamenti intensivi, nei quali gli animali destinati al consumo alimentare umano trascorrono la loro breve vita, spesso dovendo ridurre al minimo i movimenti - si legge sul sito della Lega Antivivisezione -. Una detenzione del genere dà luogo a patologie fisiche, contrastate con un massiccio uso di farmaci, che ha come effetto collaterale lo sviluppo di microrganismi resistenti, e il conseguente intensificarsi dei trattamenti antibiotici".

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