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Cronaca

Due uomini arrestati per terrorismo a Milano: su Facebook il giuramento all'Isis

Il blitz all'alba. In manette due persone

La jihad come una vocazione. L'Isis come una religione. I social come "campo di battiglia" per trovare lupi solitari, per "svegliare" cellule dormienti. Due uomini sono stati arrestati dalla polizia con l'accusa di "partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo" e "istigazione a delinquere con finalità di terrorismo". In manette sono finiti il 43enne Alaa R., residente a Monza, nato in Egitto ma cittadino italiano, e il 49enne Mohamed N., anche lui egiziano, in possesso di un permesso di soggiorno di lunga durata e residente a Sesto. 

L’operazione è stata condotta dalla Digos di Milano, dal centro operativo per la sicurezza cibernetica di Perugia, dalla direzione centrale della polizia di prevenzione e dal servizio centrale polizia postale e delle comunicazioni. Gli arrestati, si legge in una nota della procura di Milano, si sarebbero "associati all'organizzazione terroristica internazionale comunemente nota come Stato islamico". Entrambi sarebbero stati "estremamente attivi nella propaganda e nel proselitismo digitali per conto dell'Isis, mettendosi a disposizione dell'organizzazione terroristica e finanziando cause di sostegno" per lo stesso gruppo jihadista, al quale - mettono nero su bianco dal palazzo di giustizia - "avrebbero prestato giuramento di appartenenza e di fedeltà". 

Uno dei fermati, il più grande, sarebbe un ex imprenditore edile e sarebbe stato proprio lui a indottrinare il più giovane. I fari degli investigatori sui due si sono accesi ad agosto 2021, quando entrambi sono stati trovati in alcuni gruppi WhatsApp di matrice jihadista a cui risultavano iscritte circa trecento persone, con utenze siriane, irachene, inglesi, francesi e svedesi. E proprio sui social il 49enne e il 43enne avrebbero cercato di fare proseliti, andando a "caccia" di uomini pronti a sposare la causa dello stato islamico. A dicembre scorso la prima svolta, quando i poliziotti - coordinati dal pm Alessandro Gobbis - hanno sequestrato computer e telefoni ai due arrestati, trovando sul profilo Facebook del più giovane un vero e proprio giuramento di fedeltà e sottomissione ad Isis: "Possa Allah accogliere i loro martiri, guarisca i loro feriti e li liberi. Giuro su Allah che gli dobbiamo i nostri colli". 

Approfondendo la posizione dei due, che facevano una vita "normalissima" e non frequentavano luoghi di culto, gli agenti hanno scoperto che il 43enne cercava anche di indottrinare il figlio maschio, ancora minorenne. "Loro hanno la spasmodica necessità di dare un messaggio che sia vicino a Isis. I social per loro sono la possibilità di avere il palcoscenico più grande possibile, un mezzo di proselitismo potentissimo", la riflessione di Daniele Calenda, il numero uno della digos milanese. E il fatto che non avessero mai pensato a preparare attentati non sminuisce la loro pericolosità. “Quelli più attivi difficilmente fanno gli attentati, ma convincono l’ignoto lupo solitario, la cellula dormiente, a entrare in azione", ha rimarcato il procuratore. 

Non solo propagando sui social, però. Perché i due avrebbero inviato almeno 4mila euro in Yemen e Palestina, quasi sempre riservati alle vedove dei combattenti di Isis. Un altro modo per mostrare la loro "vicinanza" allo stato islamico. Nel loro mirino gli infedeli - tante le minacce a Israele -, ma anche esponenti delle istituzioni italiane.

"Grazie alle forze dell'ordine. Tolleranza zero, controlli, manette ed espulsioni per chi sostiene il terrorismo islamico", ha scritto su X, commentando gli arresti, il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini. Il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani gli ha fatto eco: "Grazie alle forze dell'ordine e alla magistratura. Il governo, anche con una forte azione di prevenzione, continuerà a lavorare per garantire la sicurezza dei cittadini".

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