"Buoni pasto anticrisi". Ma sempre di più li usano per far la spesa

Sono 2 milioni e 300mila i lavoratori dipendenti italiani che utilizzeranno i "buoni pasto" nel 2012: il valore complessivo corrispondente è di 3,4 miliardi di euro. Lo si evince da una ricerca della Bocconi, effettuata in collaborazione con alcune società del settore.

Evidenziati alcuni aspetti positivi dell'uso di buoni pasto. Primo, il valore sostanzialmente stabile dal 2009 avrebbe "ammortizzato" gli effetti della crisi economica. Secondo, l'obbligo di fatturazione per ristoranti e bar (per ottenerne il controvalore in denaro da chi ha emesso il ticket) garantisce che non si evadano le tasse: si parla di 438 milioni di euro di imposte per il 2013.

Ma forse non è tutt'oro quello che luccica. Se il valore medio del ticket è di 5,29 euro, una semplice verifica sul campo dimostra che, almeno a Milano, è molto complicato - se non impossibile - pranzare con un ticket. Basti pensare che un menu da McDonald's costa ormai almeno 6 euro, e che (per attirare clientela) la famosa catena di fast-food ha recentemente re-introdotto i buoni pasto tra i pagamenti accettati.

Bar e ristoranti, anche quando offrono il menu fisso scontato, non riescono a farlo a un prezzo così basso. In città, se si vuole pranzare con 5,29 euro, occorre mediamente accontentarsi di un panino non molto elaborato e di una bottiglietta d'acqua naturale, rimandando il caffè alla macchinetta dell'ufficio.

A Milano, di fatto, è sempre più frequente usare il buono pasto per fare la spesa nei negozi che lo accettano (alcune salumerie o macellerie) e nei sempre più numerosi supermercati disposti a ritirarli. Un segnale che la crisi incombe e che, forse, il buono pasto non frena affatto il calo del potere d'acquisto.