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Il caso

I detenuti perdono la casa popolare se non l'hanno "occupata" per sei mesi

Il caso in consiglio comunale. Giungi (Pd): "Per i detenuti di breve durata è ingiusto". L'assessore Maran promette che si arriverà a una soluzione

Chi va in carcere rischia di perdere la casa popolare, e di trovarsi per strada quando esce. Decade infatti dall'assegnazione chi non utilizza l'alloggio per sei mesi continuativi. E i detenuti, per definizione, non utilizzano il proprio alloggio mentre sono in carcere. Un paradosso, visto che il rischio di recidiva aumenta parecchio per coloro che escono dal carcere e si trovano a non avere una 'base' sociale di ripartenza per la propria vita, che si riassume in due parole: lavoro e, appunto, casa.

La questione è stata portata in consiglio comunale a Milano, lunedì 25 marzo, da Alessandro Giungi del Partito democratico, vice presidente della sottocommissione carceri. E, per quel che può fare il Comune, visto che in realtà la normativa è regionale, l'assessore alla casa Pierfrancesco Maran si è impegnato a studiare soluzioni. Per il momento, ha detto Maran, il Comune di Milano, in quanto soggetto che assegna le case popolari, sta cercando di trovare un altro alloggio per la persona, quando questa viene scarcerata. Ma è un rimedio che va meglio strutturato.

Il problema riguarda solo i single, perché altrimenti l'alloggio è, anche qui per definizione, occupato dai familiari. L'inghippo nasce dalla legge regionale (del 2016) sull'edilizia residenziale pubblica, che rimanda al regolamento la definizione della "decadenza nei casi di (...) mancata occupazione" (articolo 23, comma 9, lettera g). E il regolamento (del 2017) dice appunto che decade chi "non abbia utilizzato l'alloggio assegnato per un periodo superiore a sei mesi continuativi, salvo che ciò sia stato motivatamente comunicato all'ente proprietario o gestore" (articolo 25, comma 1, lettera c).

A leggere bene, dunque, il rimedio sarebbe previsto: bisogna "comunicare motivatamente" al Comune o ad Aler l'impossibilità a occupare l'alloggio, e in ogni caso la decadenza (come si legge sempre nel regolamento, all'inizio dell'articolo 25) "è disposta previo esperimento del contraddittorio". Ma il risultato è spesso che il detenuto, una volta uscito dal carcere, si trova con la dichiarazione di decadenza, e non ha più una casa.

Giungi, nella sua domanda a Maran, ha portato un caso realmente successo di recente, al quartiere Lorenteggio. "Formalmente si prevede la possibilità di motivare, ma di fatto ci sono stati casi in cui il Tar ha dato ragione all'ente", ha aggiunto il consigliere del Pd a margine della seduta: "Capisco che per i detenuti che stanno in carcere a lungo non si possa tenere ferma la casa, magari per 10 anni, e per loro si troverà un'altra soluzione, ma per chi sta in carcere ad esempio per meno di un anno è ingiusto". L'assessore Maran ha promesso che, con gli uffici comunali, si sta studiando un "percorso che ci porti a una prassi per la quale, tenendo conto di quel che dice il legislatore, il detenuto sia accompagnato, tramite l'edilizia residenziale pubblica o altre soluzioni, in modo che, all'uscita dal carcere, non si trovi per strada".

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