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"Giù le mani da San Vittore": il flash mob contro lo spostamento del carcere

Organizzato dai Radicali e dal candidato sindaco Marco Cappato. Ma anche la Consulta Periferie di Walter Cherubini è contraria a trasferire il carcere fuori dal centro storico: "No ad iniziative estemporanee"

Flash mob dei Radicali davanti al carcere di San Vittore, nella mattinata di giovedì 2 giugno, per chiedere che non venga trasferito altrove come invece propone il governo, intenzionato a mettere in vendita l'area (così come quelle di Regina Coeli e Poggioreale) affidandola a Cassa Depositi e Prestiti. I militanti del partito, tra cui il candidato sindaco Marco Cappato, il candiato presidente al Municipio 1 Francesco Spadaro e diversi candidati al consiglio comunale e ai consigli municipali, hanno esposto cartelli che formavano la scritta "Giù le mani da San Vittore".

"Un carcere in centro è un carcere più umano, che vogliamo aprire alla città valorizzando le attività di recupero che si svolgono e che molto di più si potrebbero svolgere all'interno", si legge in una nota dei Radicali. Il mondo politico milanese si è diviso sull'ipotesi del trasferimento del carcere in periferia o addirittura nell'hinterland. Da una parte chi, come il candidato sindaco di centrodestra Stefano Parisi, si è detto favorevole alla posizione del ministro della giustizia Andrea Orlando (del Pd), privilegiando l'aspetto della dignità dei detenuti a fronte di una struttura ormai vetusta e costosissima. Dall'altra Giuseppe Sala (candidato sindaco di centrosinistra) e la lista Sinistra x Milano, che ritengono che il carcere in centro serva a ricordare a tutti i milanesi che esiste, e che esistono i detenuti.

"Proponiamo di aprire una 'finestra sul carcere' - prosegue la nota dei Radicali - rendendo visibile ai passanti il campo di calcio voluto dalla Fondazione Candido Cannavò e inaugurato dopo la sua morte. Solo guardando dentro possiamo comprendere che cosa è e che cosa dovrebbe essere il carcere di una moderna metropoli europea".

Dalle periferie arriva un'altra perplessità. Che non è un "no" a priori ma un invito a porsi "nei panni" delle periferie stesse. Secondo Walter Cherubini, portavoce della Consulta Periferie Milano, "si è prigionieri del consueto schema 'logico': c'è qualcosa da piazzare, mettiamolo in periferia. Ma il tema delle periferie urbane non può essere lasciato al caso, alle semplici evocazioni o a qualche iniziativa estemporanea legata all'emergenza del momento".

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