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Cronaca

Expo, processo a Sala. I giudici: "Falsità degli atti pacifica, ma il reato è prescritto"

I giudici lo hanno scritto nella motivazione che è stata depositata nelle scorse ore

Reato prescritto ma il falso "non può essere ritenuto innocuo e dunque privo di rilevanza penale". È quanto hanno scritto i giudici della Corte d'Appello nelle motivazioni con cui spiegano la sentenza del 21 ottobre 2020 con cui hanno prosciolto l’ex commissario straordinario di Expo, oggi sindaco di Milano, Giuseppe Sala. I giudici, in sostanza, hanno rigettato la richiesta di assoluzione, ma Sala non è più condannabile perché sono decorsi i termini di prescrizione.

L'ex commissario straordinario di Expo 2015 nel 2019 era stato condannato a sei mesi, convertiti in pena pecuniaria di 45mila euro. Una pena inflitta per falso materiale ed ideologico per la retrodatazione di due verbali relativi alla gara d'appalto sulla Piastra, l'opera portante dell'Esposizione universale del 2015. Secondo i giudici di primo grado Sala era consapevole di quello che stava firmando. Una tesi condivisa anche dai giudici d’appello.

Secondo la difesa, il sindaco non sapeva come fosse costruita la soluzione della retrodatazione e firmò in buona fede, senza rendere irregolare la procedura nel suo complesso. Dopo la condanna in primo grado, Sala ricevette la conferma della fiducia dalla sua maggioranza ma anche, inaspettatamente, dal leader della Lega Matteo Salvini ("di questo passo non si troverà più nessuno disposto a firmare una riga"). La procura di Milano, invece, aveva ritenuto troppo mite la condanna affermando che "anche la trasparenza è un valore sociale".

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