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Un anno di guerra e di accoglienza

Rifugiati ucraini e accoglienza a Milano dopo un anno di guerra

30mila protezioni temporanee attive in Lombardia a un anno dall'inizio della guerra d'invasione su larga scala. L'accoglienza dei rifugiati a Milano e l'aiuto (fondamentale) dei connazionali

Un anno dalla guerra d'invasione su larga scala che avrebbe dovuto finire in tre giorni, secondo il timore e la previsione di molti (analisti, esperti miliari, esperti geopolitici e probabilmente non pochi governanti). Dopo un anno, l'Ucraina resiste, anzi ha contrattaccato, prima a Kharkiv nel nord-est poi a Kherson a sud, e ora con le esplosioni ai depositi militari degli occupanti russi a Mariupol, la città martire (non l'unica, ma la maggiormente simbolica, quella di cui più s'è parlato) di questa guerra. Le ferite sono tante, come i civili e i militari morti, bambini e adulti portati in Russia, dibattiti occidentali sulle armi, milioni di persone in fuga tra cui non pochi anziani, come riferiscono le statistiche e i responsabili dei centri accoglienza.

Secondo gli ultimi dati, 'chiusi' il 17 febbraio 2023 e forniti dal Ministero dell'Interno, in Italia hanno la protezione temporanea attiva 171.316 ucraini a partire dal 24 febbraio 2022, di cui 48.966 maschi. Questi ultimi sono minori, adulti con più di tre figli a carico o anziani. Gli altri, gli adulti con famiglie meno numerose, non possono lasciare il Paese per la legge marziale. Ci sono circa 6.600 ultra 70enni, ma anche 28mila tra i 10 e i 17 anni, 20mila tra i 5 e i 9 anni, 10mila tra i 2 e i 4 anni e 3.409 bambini con al massimo un anno d'età. La Lombardia, con 30.755 arrivi, è la regione che ha accolto più profughi, mentre Milano, con 7.884 persone, è la terza provincia dopo Roma e Napoli. 

Dietro le cifre

In Lombardia, su 30.755 persone, 21.911 sono donne, quasi 20mila gli adulti (di questi, i maschi sono il 3%), quasi 7mila con figli. L'Italia non è il maggior Paese di destinazione perché la grandissima parte dei rifugiati si è appoggiata a reti amicali, parentali o di comunità, pochissimi quelli che hanno dovuto essere accolti nei centri predisposti dalle prefetture e dalla protezione civile: e gli ucraini dispongono di queste reti soprattutto in altri Paesi più vicini, come la Polonia che da sola ha accolto (con la protezione temporanea) 1,4 milioni di ucraini, ma almeno il doppio vi è transitato e rimasto per un po' di tempo. L'altra caratteristica di questo movimento è proprio la temporaneità, nel vero senso del termine: il progetto degli ucraini non è quello di restare via per sempre, anzi. Già durante l'estate, alle frontiere, il flusso delle persone in entrata parificava e, in qualche giornata, superava quello in uscita.

Oggi non esistono più le interminabili code nei villaggi di confine ucraini per scappare in Polonia, di donne, anziani, bambini, cani e gatti, e pochi bagagli, il minimo indispensabile, talvolta lasciati per la strada perché troppo faticosi da trascinare. La città polacca di Przemyzl, che apparteneva al Regno di Galizia insieme alla vicina ucraina Lviv, era avamposto di un fiume di disperazione dignitosa, e due grossi centri commerciali si erano trasformati in luoghi per accogliere i profughi per qualche giorno. Visitati a marzo 2022 dagli inviati di Today, gli ex negozi erano diventati stanze 'tematiche', dedicate alle varie destinazioni, perché quasi tutti sapevano dove andare: Italia, Germania, Lituania, Francia e così via. C'era poi uno stanzone, riservato a "no place to go", come recitava il cartello scritto a mano dai volontari, ed era il più drammatico, perché vi dormivano coloro che una destinazione non l'avevano. 

Le reti

La rete dei parenti, degli amici, della comunità è stata subito protettiva con i profughi dall'Ucraina. Anche in Italia, anche a Milano. L'immediata gara di solidarietà ha fatto molto, sia sul fronte degli aiuti umanitari, sia su quello dell'accoglienza. Quasi tutti gli ucraini stabilmente in italia, nei primi mesi, si sono messi a disposizione in qualche modo. Come interpreti volontari in Stazione Centrale, come aiutanti nei piccoli e grandi hub di raccolta aiuti, come punti di riferimento indispensabili per le pratiche burocratiche. Senza di loro, senza la rete di connazionali, l'accoglienza sarebbe stata probabilmente quasi ingestibile. Le autorità a Palazzo Marino e al Pirellone lo hanno sempre confermato. Il Terzo Settore ha fornito un grande aiuto, sia con i centri accoglienza in collaborazione con la prefettura, sia con servizi mirati per l'inserimento nel lavoro e nelle scuole, sia con l'assistenza sanitaria, tra cui (fondamentale) quella psicologica. Soprattutto, ma non solo, per i bambini, che si porteranno dietro ferite drammatiche, immagini di guerra e di distruzione, rumori dei missili e dei mezzi militari.

Per Today abbiamo raccolto la storia di Elena, scappata dalla zona di Kherson, sotto occupazione russa, con quattro dei suoi cinque figli. L'appuntamento 'clandestino' con i pulmini pronti alle sei di mattina, il viaggio di 24 ore verso Kryvyj Rih superando ben 58 posti di blocco russi nei primi 50 chilometri. L'ultima carovana partita da quella zona, poi non è stato più possibile organizzarne. La sistemazione in una scuola nella nuova città, un autobus fino al confine polacco e l'accoglienza nei centri commerciali di Przemyzl fino all'incontro coi volontari italiani, che hanno offerto a lei e ai suoi figli il viaggio verso Milano.

I ragazzi di piazza del Duomo

Fin dal 24 febbraio 2022, la comunità ucraina fa anche un lavoro di testimonianza. Dopo un anno sono un ricordo i cortei di migliaia e migliaia di persone ma, ogni sera, in piazza del Duomo, i ragazzi e le ragazze di UaMi dedicano due ore a ricordare ai milanesi e ai turisti l'attualità della guerra, nonostante sia ormai spesso in secondo piano sui giornali e in tv. In Ucraina i morti e i feriti sono quotidiani, così come gli attacchi alle scuole, agli ospedali e ai quartieri urbani, e da settembre anche alle infrastrutture, secondo un piano programmato di logoramento attraverso i blackout energetici, rivendicato addirittura dagli "opinionisti" delle tv russe. La meravigliosa resistenza ucraina, non solo quella armata ma soprattutto quella morale, che ha ispirato il mondo e ha consentito al Paese invaso di restare in piedi, non si è spezzata nemmeno con l'inverno raggelato non solo, quest'anno, dai venti artici, ma anche dai blackout. La strategia russa, dichiarata, di mettere in ginocchio il popolo togliendogli la luce non ha funzionato. 

Alle manifestazioni in piazza del Duomo partecipano anche alcuni italiani, tra cui Massimiliano La Russa, che filma quasi tutti gli interventi degli speaker (in italiano, inglese e qualche volta spagnolo) e Lorenzo Ceva Valla, fotografo di professione, che ha abbracciato totalmente la causa ucraina e, ogni sera, documenta il presidio con ritratti poetici dei protagonisti. Così descrive le persone che ha conosciuto: "Tra i meriti della comunità ucraina di Milano c'è quello di essere riuscita a creare un microcosmo di persone unite da un grande anelito di libertà, e che rappresenta una speranza concreta per un futuro migliore". Il suo racconto è diventato notizia nella notizia, e il numero speciale cartaceo de L'Inkiesta in uscita proprio il 24 febbraio 2023, dedicato a un anno di Resistenza, è fondato sulle sue fotografie e sulle storie di piazza del Duomo, da lui raccolte. Accanto a persone stabilmente in Italia, tra cui Viktoriia Lapa, docente alla Bocconi, e Zoia Stankovska, avvocato a Milano, alle manifestazioni partecipano o hanno partecipato anche giovani profughi.

Grazie a Ceva Valla, che ha scritto le loro storie, conosciamo ad esempio Yakiv E., arrivato da solo a Milano a 17 anni, che in Duomo portava una bandiera ucraina con scritti i nomi dei suoi amici morti in guerra, tutti più o meno ventenni: ora Yakiv è in un altro Paese europeo insieme al fratello maggiore. E conosciamo Victoria B., ventenne di Kherson, studentessa di canto lirico a Kyiv, trasferitasi a Milano con la madre, che qualche volta intona "Plyvé kacha po Tysyni", un canto struggente dedicato agli eroi che non ci sono più, eseguito mentre i manifestanti s'inginocchiano. Dietro le bandiere ci sono persone e, profughe o no, tutte hanno una sofferenza di cui prendersi cura, molte un fratello, un compagno o un amico al fronte. E c'è Marina, che a 18 anni, nel 2018, decise di lasciare la sua Russia per trasferirsi in Finlandia, dopo un anno di attivismo nel movimento d'opposizione di Aleksei Navalny, e ora è a Milano a manifestare ogni sera con e per gli ucraini: "Prego ogni giorno per tutti quei russi liberi che combattono a rischio della vita per una Russia libera e democratica. Finché un giorno potrò mostrare San Pietroburgo, la mia città natale, al mio ragazzo", racconta a Ceva Valla. Una sera, in piazza del Duomo è venuto anche Marco Cappato, unico leader politico italiano ad avere sorretto la grande bandiera insieme alle ragazze e ai ragazzi. Parlando al microfono ha ricordato le proposte della sua associazione Eumans, tra cui includere il gruppo Wagner (il corpo paramilitare al servizio di Putin) nell'elenco europeo delle organizzazioni terroristiche.

Gli ucraini che aiutano

Si diceva degli ucraini stabili nel nostro territorio: quasi tutti si sono immediatamente attivati per i loro connazionali, per aiutare in qualche modo, per non sentirsi inutili di fronte alla tragedia dell'invasione del loro Paese. Come Marta-Mariia Tserkovna, studentessa e modella a Milano, che si è recata alla frontiera polacco-ucraina per aiutare i profughi nella prima accoglienza, soprattutto come interprete: "L'invasione russa ha sradicato la mia famiglia e questo ha avuto un impatto significativo anche su di me. Mi sono chiesta: queste persone sono consapevoli di dove stanno andando? Cosa posso fare per farli stare meglio?". O Tetiana Molodii, psicologa, che ha lasciato il suo lavoro a scuola e si è impegnata nell'ospedale di Pavia per l'accoglienza di mamme e bambini ucraini con l'associazione Soleterre (85 in tutto i bambini malati oncologici accolti negli ospedali lombardi dall'Ucraina): "Mi è sembrato il minimo che avrei potuto fare per il mio popolo. Sentire la loro lingua madre, con i traumi che hanno vissuto, li fa sentire accolti e un pochino a casa.

Come loro, tanti altri si sono attivati: chi offrendo una stanza in casa, chi lavorando di sera e nei weekend nei centri di raccolta degli aiuti, chi collaborando con i centri accoglienza, dove è necessaria la presenza di connazionali per far sentire a proprio agio le persone. I bambini, comprensibilmente, incontrano le maggiori difficoltà. Molti di loro studiano il doppio: frequentano la scuola italiana e, al pomeriggio, quella ucraina a distanza, per non perdere la connessione con la loro carriera scolastica nel Paese d'origine. È la conseguenza della temporaneità del progetto di fuga delle loro famiglie: non è affatto detto che i profughi ucraini rimangano in Italia e negli altri Paesi d'accoglienza, anzi, tutti sognano di tornare al più presto nelle loro città e villaggi. Nessun profugo ucraino ha scelto la fuga per costruire un futuro migliore altrove, come spesso accade nei movimenti migratori, ma tutti sono stati costretti a proteggersi dalla guerra e pressoché tutti vivono come temporaneo questo allontanamento.

La Resistenza

Nell'anniversario del primo anno di guerra su larga scala, intanto, la Russia attacca ancora, bombarda, cerca di organizzare delle offensive, uccide. La coalizione che sostiene l'Ucraina è compatta, compreso il governo italiano nonostante nel nostro Paese vi siano i 'distinguo' sulla fornitura di armi difensive o offensive ("quando c'è un'aggressione, tutte le armi sono difensive", ha provato a dire il presidente del consiglio Giorgia Meloni mentre era a Kyiv, l'altro giorno). L'opinione pubblica italiana, da sempre attirata dalle sirene russe e, durante il 2022, da opinionisti che instillavano dubbi sui massacri o invitavano l'Ucraina ad arrendersi per fermare la strage dei civili, è la meno filoucraina di tutta l'Europa occidentale. Ma resta in maggioranza a fianco del Paese aggredito e ne riconosce il diritto allla Resistenza. Gli ucraini, d'altra parte, non hanno alcuna intenzione di smettere di combattere, e non è soltanto un discorso di patriottismo, ma anche di sopravvivenza: sanno bene che, se si arrendessero, la conseguenza sarebbe l'annullamento dell'identità, la cancellazione della lingua, la sottomissione di milioni di persone a un regime tutt'altro che democratico come quello del Cremlino.

Ogni giorno di guerra, da un anno, per gli ucraini, inizia e finisce con Telegram, dove scorrono gli aggiornamenti in real time dalle città d'origine. Ogni giorno di guerra è ansia di non poter sentire i propri cari, chi al fronte, chi nelle città occupate, chi in quelle libere ma bombardate. Oltre all'accoglienza materiale, ci sono nuove paure e ansie di cui prendersi cura.

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