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L'altra Milano / Porta Venezia / Via Marcello Malpighi, 3

Casa Galimberti, il fascino resistente dello stile Liberty a Milano

In via Malpighi un gioiello dell'architettura decorativa di inizio 900

Per fortuna non tutto è perduto e lo stile Liberty presenta ancora alcune testimonianze importanti anche a Milano. Tra queste la più interessante è certamente Casa Galimberti, una delle più originali realizzazioni del liberty milanese: ferri battuti, motivi floreali in cemento e soprattutto la raffigurazione veristica del rivestimento in piastrelle di ceramica. I committenti, imprenditori edili, furono tra i primi sostenitori del nuovo stile a Milano. I Galimberti avevano già intrapreso, in quel periodo, la lottizzazione di via Malpighi: strada di nuova costruzione realizzata poche decine di metri fuori dagli ex Bastioni di Porta Venezia e dal piazzale Oberdan.

Per il palazzo più importante del nuovo quartiere (68 metri di facciata all'angolo con via Sirtori, con negozi e locali pubblici al piano terreno e quattro appartamenti per piano negli altri quattro piani) Bossi scelse per il basamento il ceppo gentile, una pietra poco costosa fatta giungere, tramite la Martesana, direttamente dalle cave di Trezzo; per isolare dall'umidità il piano terra realizzò una soletta in cemento armato; che, insieme al ferro, i decoratori usarono con maestria.

casa galimberti foto m sacerdoti tre

Casa Galimberti

La ricca decorazione in ceramica ricopre quasi tutta la facciata per circa 170 metri quadrati ed è eseguita in ceramica dipinta a fuoco su motivi disegnati dall'architetto Bossi. La tecnica della pittura a fuoco su ceramica consiste nel dipingere sul prodotto già cotto e verniciato e richiede un'ulteriore cottura del pezzo. Le ceramiche sono opera della Società Ceramica Lombarda “Ing. A. Bertoni & C.” e le pitture sono state eseguite da Pio Pinzauti per la parte ornamentale e da Ferdinando Brambilla per le figure. Le sei finestre, con due balconi, del primo piano di via Malpighi sono adornate da nove formose figure femminili, e tre immagini maschili; al piano corrispondente in via Sirtori, a corredo delle tre finestre (un balcone), è raffigurato un uomo all'estrema sinistra, ed altre cinque immagini femminili. Nei piani superiori sono rappresentati rigogliosi motivi floreali. Le decorazioni in ferro battuto sono state eseguite dalla Ditta Arcari e Bellomi con sede in corso Magenta 66. Alla fine degli anni Novanta del secolo scorso un sapiente restauro dell'androne d'ingresso e del vano scala ha riportato in luce la decorazione interna che, a partire dal vano portineria richiama i motivi floreali presenti nelle facciate esterne. Nel mese di marzo 2018 è iniziato il restauro conservativo delle facciate e delle maioliche che purtroppo si stavano staccando dalla facciata.

L'architettura Liberty

casa galimberti foto m sacerdoti 4

L'architettura Liberty in Italia si affermò inizialmente come «arte nuova» o, secondo il giornalista torinese Enrico Thovez, «arte floreale», questo nuovo stile stupì per essere così «fedelmente naturalistico e nella sostanza nettamente decorativo». A seguito delle edizioni dell'Esposizione internazionale d'arte decorativa moderna, Torino vide il crescente proliferare di questo nuovo stile in ambito prevalentemente architettonico, celebrando una sorta di «rinascimento delle arti decorative», avvalendosi di contributi dei maggiori autori dell'epoca come Raimondo D'Aronco e il torinese Pietro Fenoglio che si affermò per sua proficua attività di ingegnere e che fece del liberty torinese uno degli esempi più fulgidi e coerenti del variegato panorama architettonico italiano del tempo.

L'Art Nouveau in architettura e design degli interni superò lo storicismo eclettico che permeava l'età vittoriana. Gli artisti dell'Art Nouveau selezionarono e modernizzarono alcuni tra gli elementi del Rococò, come le decorazioni a fiamma e a conchiglia, al posto dei classici ornamenti naturalistici vittoriani. Prediligevano invece la Natura per fonte di ispirazione ma ne stilizzarono evidentemente gli elementi e ampliarono tale repertorio con l'aggiunta di alghe, fili d'erba, insetti. In definitiva il carattere più rivoluzionario della ricerca architettonica fu la completa rinuncia all'ordine architettonico che nonostante alcuni sperimentalismi aveva conservato per tutto il XIX secolo il proprio ruolo dominante in tutto il panorama architettonico, non soltanto accademico. Tale rinuncia ebbe un carattere permanente e continuerà nel protorazionalismo e nel razionalismo.

Nel contesto nazionale questa nuova corrente, che in seguito assunse anche il nome di «stile floreale», non si consolidò mai in una vera e propria scuola italiana di riferimento, ma si affermò, seppur con un lieve ritardo rispetto ai maggiori paesi europei, vivendo il suo massimo splendore nei primissimi anni del Novecento. Nella sua prima decade, infatti, si può parlare di liberty, termine che infine si affermò più diffusamente nel complessivo e variegato panorama nazionale e derivante dai celebri magazzini londinesi di Arthur Lasenby Liberty.

Il liberty, dunque, trovò nell'architettura il suo maggior successo, lasciando ai posteri una delle testimonianze più durature. Tuttavia la primordiale vocazione populistica del liberty andò scemando, l'ideale di un «socialismo della bellezza» andò evolvendosi in un ricco trionfo di motivi floreali, nervature filiformi, ardite decorazioni metalliche di chiara ispirazione fitomorfa ma divenne presto soltanto un privilegio delle classi sociali più abbienti.

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