A Natale e Capodanno un concerto speciale de laVerdi all'Auditorium
Dopo la brevissima parentesi del 2020, anno in cui si è stati costretti a rinunciare alla canonica Nona di Beethoven di Capodanno all’Auditorium di Milano, per i festeggiamenti per la fine del 2021 si torna a onorare la tradizione in Largo Mahler. Cinque giorni di seguito, dal 29 dicembre al 2 gennaio, si esegue il capolavoro beethoveniano sotto la bacchetta di Claus Peter Flor.
È eloquente che l’ultimo appuntamento del 2021 dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi coincida col primo appuntamento della nuova programmazione (gennaio-maggio 2022). Ed è ancor più eloquente che tale appuntamento sia rappresentato dalla Nona di Beethoven, una sinfonia che scorre nelle vene dell’orchestra.
La Nona Sinfonia di Beethoven
È difficile, per l’ascoltatore dei nostri tempi, capire quanto traumatica possa essere stata per il pubblico contemporaneo a Beethoven l’introduzione di solisti e coro in una sinfonia, fino ad allora appannaggio della sola orchestra. Così come è difficile comprendere la complessità e la meraviglia dell’opera ed in particolare del suo quarto movimento, che si pone di fronte all’uditorio come summa del pensiero, musicale, ma soprattutto umano, del compositore.
L’ultima sinfonia composta da Beethoven fu eseguita per la prima volta a Vienna il 7 maggio del 1824 a distanza di dieci anni dall’Ottava sinfonia, la cui tiepida accoglienza da parte dei critici gli aveva lasciato un po’ di amarezza. Il compositore, ormai completamente sordo, si era dedicato negli anni seguenti alla cameristica, e in particolare
all’amato pianoforte, regalando al mondo una serie impressionante di capolavori. Dedicata A Sua Maestà il Re di Prussia Federico Guglielmo III, la Nona ebbe subito un successo enorme ed è ancora oggi una delle opere più note ed eseguite di tutto il repertorio classico, considerata la più grandiosa composizione musicale mai scritta, il cui testo e spartito sono stati dichiarati dall’Unesco nel 2001 Memoria del Mondo.
Da subito il pubblico comprese appieno la portata del messaggio di Beethoven, di quell’uomo burbero e scontroso che senza arrendersi alle avversità della vita aveva tradotto in musica alcuni princìpi dell’Illuminismo, come la rappresentazione di una tensione finalizzata al raggiungimento della felicità universale, condizione perseguibile nell’esaltazione della fratellanza e nel sincero convincimento della presenza di una Bontà Celeste, di un Essere Supremo che dal caos primordiale fonda un ordine morale a cui ogni uomo è chiamato a contribuire, esercitando virtù come la tolleranza, la giustizia, la fratellanza, la lotta contro i pregiudizi e il diritto di ciascun uomo ad essere felice e il messaggio. Attraverso l’uso del coro, inoltre, la partitura trasmette con maggiore energia un concetto filosofico, un “programma” che diviene evidente e definitivamente riconoscibile.