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Alessandro Rovellini

Direttore responsabile

Ci sarà un'abnorme quantità di denaro da spendere bene

Editoriale - Il no definitivo di Albertini rallenta piani, costringe a nuovi vertici e affannose ricerche. Perchè dal Recovery potrebbe esserci 1 miliardo di euro all'anno. Che non aspetta

Siamo già oltre l'oltre. Il no definitivo di Albertini alla candidatura sfonda l'ennesima scadenza imposta dal centrodestra (Salvini dixit: "Un candidato entro metà maggio") e non schioda dall'impasse la coalizione che dovrà portare un nome alternativo a quello di Beppe Sala. Un situazione infinitamente ingarbugliata, per diversi motivi. Albertini nei sondaggi era l'unico che potesse seriamente impensierire Sala. Qualcuno lo dava perfino vincente. Mettere d'accordo la coalizione ripartendo (quasi) da zero non è facile. Urge un grimaldello per una fascia moderata, centrista, delusa da Sala. E il ticchettio dell'orologio è sempre più feroce. 

Il grosso non detto che inchioda e spariglia veti, contro veti, proposte e controproposte è uno solo: l'abnorme quantità di denaro che la futura giunta dovrà convogliare su Milano. Sala, qualche settimana fa, ha stimato una programmazione media da "1 miliardo di euro all'anno" in possibile arrivo dal Recovery Fund. Quasi 5mila milioni di euro da spendere e investire entro il 2026, in linea con le Olimpiadi invernali: prolungamento delle metropolitane, teleriscaldamento, ristrutturazione edilizia popolare. Per incanalare questo fiume dall'Europa ci vogliono progetti seri, realistici, convincenti, in forma definitiva e pronti all'esecuzione. Non basta la spinta ideologica. Il vantaggio dell'attuale amministrazione con i piani è notevole. Il centrodestra non può sbagliare, perchè le idee scontornate nei brainstorming devono rapidamente diventare carta bollata. Per questo discute alacremente e, di fatto, non decide.    

Albertini, nella sua lettera di commiato dal ruolo di protagonista, dice che "darà una mano" attivamente in campagna e dà, tra le righe, qualche consiglio reale: un candidato giovane ("Il 15 maggio del 1997 avevo 46 anni") e che possa "rappresentare le categorie produttive in vista della imminente ripresa, e conoscere tutte le realtà di questa multiforme ed articolata città". Traduzione: che sappia spendere bene i soldi. La girandola di nomi delle ultime ore porta all'eterno Lupi (che si era già fatto in disparte una volta e non è gradito a Salvini) e a Fabio Stefano Minoli Rota, 61 anni, ex deputato di FI legislatura 2001-2006, manager in Bayer, citato dallo stesso Albertini. L'ex numero 1 di Palazzo Marino "gli farebbe volentieri da vicesindaco". Minoli ringrazia "lusingato" dell'endorsement e attende. Tic toc. Il tempo stavolta non è galantuomo e serve una decisione subito. 

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