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La case igloo a Milano: architettura visionaria e sperimentazione

Diversamente da quelle a fungo, sono ancora esistenti e abitate

Otto strani edifici. Otto igloo di cemento. Otto abitazioni stravaganti costruite nel 1946: primo dopoguerra quando una Milano devastata dai bombardamenti cercava di rialzarsi con lunghe giornate di lavoro e tanta voglia di farcela. Sono le case del quartiere Maggiolina.. Sono abitazioni a forma di igloo, non a fungo: quelle c'erano, ma furono demolite negli anni Sessanta. Le case igloo di via Lepanto sono il simbolo di una architettura ancora audace, figlia del desiderio di sperimentare anche attraverso visioni del tutto sperimentali. Sono la storia di una metropoli sembra all'avanguardia nella sua voglia di anticipare i tempi, quando ancora i grattacieli non l'avrebbero cambiata del tutto. 

Le mini abitazioni, estrose e a loro modo geniali, risalgono al 1946; ne furono costruite dodici, ma a oggi ne rimangono solo otto e furono edificate dall'ingegnere Mario Cavallè che importò il modello abitativo e la relativa tecnica di realizzazione dagli Stati Uniti. La forma non è casuale: sono state costruite con un sistema a volta formato da mattoni forati disposti a losanghe convergenti, sistema che permette la massima libertà sulla disposizione degli spazi interni. Tradotto? Si possono ricavare ambienti indipendentemente dalla struttura portante, che è l'igloo stesso. Le case oggi sono abitate e di proprietà privata. Si trovano in via Lepanto. E' possibile scorgerle dalla strada, anche se sono parzialmente nascoste. 

La casa, circa 45 metri quadrati, si sviluppa su due livelli: quello esterno, al di sopra del piano stradale, e quello seminterrato, accessibile solo dall'esterno (o da una ristretta botola all'interno). Quest'ultimo, pur non avendo l'abitabilità, si presta ugualmente a innumerevoli usi. Il seminterrato riceve l'illuminazione da alcuni piccoli lucernai disposti all'altezza della strada. Tre unità abitative simili si possono tuttavia ancora osservare a Novate Milanese, in via Puccini.

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Il quartiere della Maggiolina

La zona prende il nome da un'antica cascina demolita nel 1920 che sorgeva lungo il corso del Seveso, a est dell'attuale ferrovia Milano-Monza, approssimativamente sul luogo dell'attuale via della Maggiolina. Il nome della cascina, già attestato insieme all'edificio nel XVI secolo, è di origine incerta: secondo alcuni deriverebbe dalla famiglia dei Maggiolini, antichi proprietari della cascina, setaioli venuti in quel periodo in Lombardia da Firenze; per altri, invece, dal termine dialettale magiòster, ossia fragole.

Agli inizi del Novecento, il termine Maggiolina era stato utilizzato come nome per il quartiere di villette sorto tra le Melchiorre Gioia (ad est), Stresa (a nord), Timavo (ad ovest) e Muzio (a sud), ben distinto quindi dal vicino Villaggio dei Giornalisti, sorto a partire dal 1911, a nord della circonvallazione esterna e a ovest della ferrovia. Col progressivo sviluppo urbano che avrebbe di fatto saldato tutta la zona in un unico tessuto cittadino, l'uso del termine si sarebbe esteso finendo per comprendere ad esempio anche il recente complesso razionalista del Quartiere Mirabello (1939). Il complesso residenziale recintato realizzato negli anni Sessanta a nord-est del Villaggio dei Giornalisti, nell'ultima porzione di terreni rimasti inedificati tra questi e la ferrovia avrebbe ad esempio assunto il nome di Villaggio Maggiolina, forse dal vicino storico ristorante di via Torelli Violler 28 che aveva negli anni precedenti cambiato il proprio nome da Gallo d'Oro a La Maggiolina.

L'interramento della ferrovia Milano-Monza avvenuto nella seconda metà degli anni Sessanta, avrebbe permesso nel decennio successivo la realizzazione di un'estesa porzione destinata a verde (i giardini Aldo Protti ed il Gregor Mendel), che da piazza Carbonari - punto di contatto tra quelli che erano i nuclei originari della Maggiolina (a sud-est) e del Villaggio dei Giornalisti (a nord-ovest) - si estende come un parco lineare fino a raggiungere l'attuale Palazzo Lombardia.

Le case a fungo di Milano

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Le case a fungo esistevano ed erano due, ma vennero demolite negli anni Sessanta. Diversamente dalle case igloo si sviluppano su due livelli sovrapposti: uno più ristretto (il gambo) ed uno più ampio (la cappella) e sembravano ispirarsi alla Amanita Muscaria, famosa specie di fungo da cui sembravano trarre la forma caratteristica. Vennero demolite nel 1965 dal nipote stesso dell'ingegnere Cavallè che le aveva progettate.

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