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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca Via Giovanni Battista Sammartini

«Lasciatemi morire in pace nella mia Panda». La Milano di chi ha perso tutto

Prima avevano un lavoro, ben retribuito. Di colpo hanno perso tutto: famiglia, casa, dignità. Sono in tanti a Milano. Homeless obbligati, nel dolore. MilanoToday vi racconta chi li aiuta ad avere speranza. Senza far domande. Senza nulla in cambio

Sono pensionati, piccoli artigiani, imprenditori, padri separati. Sono i "nuovi poveri", uomini che fino a ieri facevano parte di una fascia sociale dal reddito medio, con un buon lavoro e una casa di proprietà e che oggi non hanno più nulla.

Sono loro quelli che affollano sempre di più i dormitori pubblici e le mense dei poveri. Sono loro i nuovi homeless milanesi. Mario per esempio è un pensionato di 70 anni che alcuni mesi fa è stato sfrattato da casa per morosità. La sua pensione si aggira attorno ai 400 euro mensili, troppo pochi per pagare affitto, le spese di casa e quelle per vivere. Sommerso dai debiti e da affitti in arretrato, Mario, dopo lo sfratto, ha iniziato a dormire in macchina, l’unica cosa che gli rimaneva.

Rifugio Caritas © Brambilla/MilanoToday

Solo, di notte, con il termometro fermo a meno 5°, malato ed infreddolito: in queste condizioni è stato trovato il signor Mario dagli operatori dell’unità mobile di Caritas una notte di gennaio. «Lasciatemi in pace! Lasciatemi morire nella mia Panda»! Così, con queste parole Mario si è rivolto agli operatori. Per lui è stato molto difficile riuscire a farsi aiutare. Non era mai stato in un dormitorio e rifiutava l’idea di andarci.

Mario è un nonno come tutti gli altri, ha lavorato una vita come capo reparto di una grande azienda, è un uomo di cultura, ama leggere libri e scrivere poesie. Ritrovarsi in quelle condizioni e dover andare a dormire in un dormitorio per lui è stato molto difficile. Dopo un lungo percorso di cura ed assistenza in cui è stato sostenuto da operatori e volontari, Mario è riuscito a risollevarsi.

Oggi ha trovato una nuova casa che condivide con un'altra persona con la quale divide l’affitto. La storia di Mario è una delle tante che si sentono nei corridoi del Rifugio di Caritas Ambrosiana di via Sammartini 114: un vecchio deposito ferroviario oggi divenuto un moderno centro d’accoglienza. Sono anni e anni che la struttura dà ospitalità alle persone senza dimora di Milano. Prima c’era Fratel Ettore, adesso Caritas Ambrosiana. Il centro mette a disposizione 64 posti letto di cui 60 accolgono uomini, tutti maschi e maggiorenni, inviati da due centri d’ascolto, il Sai, Servizio Accoglienza Immigrati, e il Sam, Servizio Accoglienza Milanese.

Gli altri 4 posti letto sono invece a disposizione per le emergenze, ovvero per quelle persone, sempre maschi e maggiorenni, che arrivano in piena notte accompagnati dalla polizia o dalle ambulanze. Le persone ospitate sono sia italiane che straniere, ci sono circa 64 nazionalità diverse. In un anno di attività, il Rifugio, convenzionato con la cooperativa Farsi Prossimo, ha accolto circa 250 persone, senza contare le emergenze che si aggirano attorno a 35 casi.

Più della metà delle persone che hanno lasciato il centro, circa 70, sono riuscite a non tornare sulla strada: alcuni vivono in una casa in condivisione, altri in un pensionato, altri ancora sono tornati in famiglia. «Il nostro obiettivo è quello di cercare di fermare la macchina della povertà - spiega Desio De Meo, responsabile della struttura -. Il percorso verso la povertà è rapidissimo, ma non quello verso la risalita».

Gli ospiti possono rimanere al rifugio da 15 giorni fino a 3 mesi, in questo lasso di tempo gli operatori cercano di fare emergere nelle persone accolte risorse nascoste, che non credevano di avere, per migliorare insieme la loro condizione. Oltre al lavoro degli operatori, fondamentale è quello degli oltre 30 volontari. Insegnanti, pensionati, studenti e casalinghe ogni giorno si alternano per cercare di ridare un sorriso a chi ha perso tutto.

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