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Alessia Pifferi: "Non ho ammazzato Diana", ma il pm chiede ergastolo

La difesa della donna ha presentato i documenti e le cartelle cliniche chiedendo un'integrazione della perizia psichiatrica, negata dai giudici

"Sto già pagando il mio ergastolo avendo perso la mia bambina". Lo ha detto Alessia Pifferi in aula rendendo una dichiarazione spontanea. La donna, a processo con l'accusa di aver lasciato morire di stenti la figlia Diana di 18 mesi, ha deciso di parlare prima della requisitoria del pm Francesco De Tommasi e dopo la decisione dei giudici di rigettare la richiesta di integrazione della perizia psichiatrica espressa dalla difesa, con nuovi documenti clinici alla mano. "In carcere sono stata picchiata dalle detenute a San Vittore, mi urlano 'mostro' o 'assassina devi morire', ma non ho mai pensato o premeditato che potesse accadere una cosa così terribile a mia figlia, non ho mai voluta ammazzarla, non mi è mai passato dalla testa di ammazzare mia figlia", ha raccontato Pifferi che ha sottolineato: "Non sono un assassino o un mostro, ma sono solo una mamma che ha perso la sua bambina". 

In apertura dell'udienza l'avvocata Alessia Pontenani ha presentato della documentazione clinica in cui viene affermato che Alessia Pifferi aveva "turbe psichiche e gravi ritardi cognitivi" sin da bambina. La documentazione è stata acquisita senza obiezioni di Procura e parte civile. La difesa ha chiesto un'integrazione della perizia psichiatrica svolta da Elvezio Pirfo che aveva certificato la capacità di intendere e volere dell'imputata, ma i giudici hanno rigettato la richiesta: "Non appare assolutamente necessario l’integrazione della perizia richiesta dalla difesa, alla luce delle approfondite valutazioni psichiatriche del perito e dei consulenti delle parti". Nel suo intervento, durato circa 10 minuti, Pifferi ha spiegato: "I miei familiari sapevano delle problematiche che avevo ma non mi hanno mai detto nulla, se crescendo me ne avessero parlato non so che metodo di cura avrei potuto fare ma mi sarei curata e penso che oggi sarei ancora con Diana e non ci troveremmo in questa situazione drammatica", evidenziando di non aver mai negato alla sorella di stare con la bambina. 

In aula l'avvocata di Pifferi, Alessia Pontenani, ha spiegato che la donna era seguita già tra i 6 e gli 11 anni d'età dai servizi di neuropsichiatria infantile territoriale. Pontenani ha raccontato che Pifferi avrebbe usato "il ciuccio fino a tarda età e un bavaglino sempre con sé". Per il pm Francesco De Tommasi i documenti raccontano "di una donna che non esiste più". Secondo lui, infatti, Alessia Pifferi non è affetta da alcuna patologia che le impedirebbe altrimenti di riconoscere la sua responsabilità nella morte della figlia. Per questo è stato chiesto l'ergastolo.

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