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Il bando per le case popolari che discrimina gli immigrati: è scontro tra regione e comune

Il comune: "Faremo un bando integrativo nostro". La regione: "Proclami fuori luogo"

In un angolo palazzo Marino, all'angolo opposto il Pirellone. Comune e regione salgono sul ring e si sfidano apertamente, faccia a faccia, sul tema case popolari. Motivo del contendere alcuni passaggi presenti nell'ultimo bando regionale che chiedono ai cittadini stranieri di produrre un documento nel proprio paese che attesti l'assenza di case di proprietà in Patria: una richiesta spesso impossibile da soddisfare e che è già stata giudicata "illegale" dai giudici. 

Da qui ecco il primo montante di Gabriele Rabaiotti, assessore alle politiche sociali e abitative del comune, che giovedì ha annunciato che Palazzo Marino non applicherà il requisito di 'impossidenza di beni immobili' richiesto agli stranieri dal regolamento regionale e ha lanciato un ultimatum ai colleghi del Pirellone. "O entro il 31 ottobre la Regione rivede le regole per l'assegnazione degli alloggi popolari previste dal nuovo regolamento e inserite nell'ultimo bando o - ha 'minacciato' - usciremo con un bando integrativo per immettere nuova domanda. Altrimenti rimaniamo bloccati, non possiamo assegnare i 300 alloggi ristrutturati e pronti e che potranno arrivare a 600 entro fine anno". 

Il bando regionale "discriminatorio"

Proprio giovedì dal comune l'aut aut è stato messo nero su bianco in una lettera inviata alla Regione. Il nuovo regolamento, attivo da gennaio 2020, secondo Rabaiotti ha "creato un intoppo nell'assegnazione e non è funzionale al compito che dobbiamo svolgere. È accaduto questo: da gennaio 2019 a settembre 2019 il vecchio bando ha prodotto, sulle sole case comunali, l'assegnazione di 456 alloggi. Mentre da gennaio 2020 a settembre 2020 le assegnazioni sono state in totale 148: poco più di un quarto", ha spiegato. E ancora: "Come abbiamo spiegato nella lettera, elimineremo la richiesta del certificato di non possidenza per gli stranieri", che il tribunale ha definito "discriminatorio" lo scorso luglio. 

"Visto che Regione ha fatto appello contro la sentenza - ha precisato poi Rabaiotti - se il tribunale dirà che ha ragione, ritorneremo sui nostri passi, ma in questo momento applichiamo l'ordinanza del tribunale e quindi nessun cittadino straniero dovrà più portare i certificati che dicono che lui non è in possesso di patrimonio immobiliare nel suo paese d'origine. La stragrande maggioranza del mondo non è, infatti, in grado di produrre questi certificati".

L'altra richiesta del comune a regione è quella di "separare i due bandi: quello del Comune e quello di Aler", ha evidenziato ancora Rabaiotti, spiegando che "la possibilità, introdotta dal nuovo bando, di poter esprimere cinque preferenze mischiando in maniera indistinta alloggi MM e alloggi Aler, ha rallentato la procedura, portando spesso Regione e Comune a svolgere l'istruttoria e la verifica sulla stessa famiglia, rallentando le procedure".

"Se entro il 31 ottobre la Regione non esce con le modifiche integrative del bando 880, noi ci sentiamo legittimati a uscire con nuovo bando, integrativo del bando 880, utilizzando il vecchio criterio, funzionale solo ad accogliere nuova domanda. Essendo il nuovo bando intoppato e non funzionale, dobbiamo mettere in campo uno strumento integrativo che raccolga nuova domanda per assegnare quegli appartamenti ristrutturati assegnabili che altrimenti non potremmo attribuire. Il rischio - ha concluso l'esponente del comune - è che non solo accumuliamo appartamenti ristrutturati che non assegniamo agli aventi diritto, ma lasciamo gli aventi diritto senza casa pur avendoli a disposizione". 

"Minacce del comune fuori luogo"

La regione, chiaramente non è stata a guardare. La risposta è arrivata proprio da Stefano Bolognini, assessore alle politiche abitative. "In tempi brevi Comuni ed Aler saranno messi nelle condizioni di assegnare tutti gli alloggi contenuti negli avvisi e di pubblicare nuovi bandi, in modo da potere assegnare le centinaia di alloggi che sono stati ristrutturati anche grazie all'impegno di Regione Lombardia e che devono andare a tutti gli aventi diritto. Esattamente per questa ragione, e poiché Palazzo Marino ha ben presente la situazione, mi sembra che i proclami e le minacce del comune di Milano siano assolutamente fuori luogo e servano solo ad alzare inutilmente i toni", la staffilata giunta dal Pirellone. 

"La nota del Comune di Milano mi stupisce - ha ammesso l'assessore -, non solo perché in questi mesi c'è stata una fattiva collaborazione per risolvere alcuni temi che l'applicazione del regolamento regionale ha sollevato, ma anche perché le soluzioni a questi problemi fanno già parte di un pacchetto di proposte di modifica del regolamento da approvare e di altre già approvate negli scorsi mesi. Mi riferisco in particolare - ha sottolineato - alle disposizioni straordinarie che la Giunta ha già adottato nel mese di maggio e che prevedono la possibilità di assegnare in deroga tutti gli alloggi di dervizio Abitativo Pubblico a disposizione, anche per scongiurare il rischio di occupazioni abusive. Inoltre, sempre in deroga, è stata consentita l'assegnazione di alloggi di dervizio Abitativo Transitorio) in numero doppio rispetto a quelle programmate nel piano annuale".

"Credo che Comune ed Aler - ha concluso Bolognini - non possano attivare nuovi avvisi senza utilizzare la piattaforma regionale e pertanto ritengo che la strada indicata dal Comune di Milano sia tecnicamente impraticabile, oltre che gravosa per i cittadini".
 

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